Ultimo Ligonto

Trieste, 1 Maggio 2022

Croda di Ligonto – Monte Rosa 2786 m

Una decina di giorni dopo la salita del Monte Sernio che mi aveva garantito l’ottima qualità della neve, non persi l’occasione, e arrivammo a meta mattino ad Auronzo.
Solo che non era il solito sabato perché questa volta, e anche in previsione dell’annunciato arrivo di una perturbazione, avevo anticipato il tentativo prendendo due giorni di ferie.
La strada continuava ben pulita dal ghiaccio, così decidemmo di proseguire e andar posteggiare la mia Fiat 127 al deposito vini del Vecellio ai Prati Orsolina.
Trovammo invece ghiacciata la sua strada, e ricordando quella volta che ero slittato con la mia Fiat 500, rinunciammo ad avventurarci per non rischiare di rovinare anche questa volta la Gita.
E se la postegiasimo la de Armando Vecelio.
Gli scuri erano ancora chiusi, e allora lo chiamammo perché volevamo prima il suo permesso.

L01 21 gen 1981Una volta aperti i serramenti e vedendoci, sorpreso esclamò: – Orpo, siete voi; e che non stava bene.
Poi si scusò perché era ancora a letto con il piumino blu sulle spalle, che non stava bene, e che fa molto freddo in quei giorni nella Valle.
Noi gli chiedemmo solo il permesso di posteggiare l’auto perché vogliamo tentare la Croda di Ligonto.
Non se l’aspettava; e alzò lo sguardo osservandola perché è proprio la in alto e di fronte.

In in quel momento guardavo proprio la sua faccia enigmatica; e anche se lui cercava di dominarsi vi fu una lieve contrazione dei muscoli, e ci chiese solo quanti giorni staremo via, e che noi rispondemmo solo due. Ci salutò, e scusandosi s’affrettò a chiudere la finestra perché faceva freddo.
Niente; il nostro programma prevedeva il pernottamento nella Val di Dentro, e per questo avevamo con noi la tendina a mezzo cilindro dell’amico di Rinaldo Sturm e via.

L02 terza voltaLungo il sentiero, e tra una ciacola e l’altra, io anche rivedevo tutte le possibilità per entrare nella Valle d’Ambata per evitare più avanti la sua strettoia.

L03 la se longaEravamo ancora distanti con il sole che illuminava tutta la Valle, e dove sopra i Pascoli dell’Ambata, riprendeva il bosco e a seguire il dosso coperto di mughi che risaltava nel candore invitante della coltre nevosa.

L04 pascoli d'AmbataL05 sopraL06 se sprofondaNon cantai ancora vittoria, e non lo dissi a Rinaldo perché io volevo prima raggiungere per sincerarmene, e poi insieme decidere di entrare nella mugheta.

L07 la ns metaFu proprio così, e senza raggiungere l’attendamento Darmstaedter entrammo e seguimmo i corridoi innevati dove trovammo tracce di passaggio di camosci.

L08 vecchia tracciaE sopra anche puliti dalla neve con tracce di passaggio di camosci su una corta parete.

L09 quanto salitoSi, e i mughi erano anche fitti; e ricordando quanto visto negli altri tentativi, poggiammo a sinistra per entrare nel canale che la delimita dalla verticale parete del Torrione; e che lo trovammo pulito dalla neve, e per un buon tratto che ci consentì anche di prendere fiato.
Improvviso s’era alzato il vento, e sempre più forte che ben presto riempì lo spazio di neve.

L10 metemo la tendaNoi intanto eravamo entrati nel solco della Val di Dentro ben innevata, e dove procedevamo con fatica; e più avanti anche che sulla Croda c’era la tempesta di vento; e che il pulviscolo di neve ad intermittenza, nascondeva la sua Cima.

L11 vento-nevischioNiente; e valutammo che fosse più conveniente fermarci e trovare un posto dove mettere la tendina. Sulla nostra destra una parete fa da bordo alla Valle, e ci portammo la sotto anche per essere al riparo del vento.
La stendemmo sulla neve appiattita con gli scarponi tenendo stretti con le mani i legacci di un solo lato per prova, e la forza del vento la sollevò verso il cielo.
Noi eravamo già dentro mezzi appisolati nonostante i rumori della tendina scossa dai colpi di vento, quando notammo un improvviso silenzio. Aprimmo subito un tratto dell’entrata e guardammo fuori.

L12 se finì tutoSì, e vedemmo proprio di fronte la nostra Meta con i colori freddi del tramonto esaltati dalla nitidezza dell’aria non più contaminata dal pulviscolo di neve a ricordarci che siamo in inverno; buona notte.

Non eravamo ciarlieri quella sera anche perché l’attesa non invogliava al dialogo, e ci abbandonammo al sonno. Attesa che per me è stata lunga perché mi sono state sufficienti cinque/sei ore di riposo; ed inoltre, anche se io non volevo, ero sempre con il pensiero sulla salita. Faremo così, faremo colà, e sempre il timore per la traversata che causò la rinuncia a proseguire nel secondo tentativo; e saranno state tante di quelle volte “che non vedevo l’ora” di alzarmi per finirla.
Lunga è stata l’attesa, ma quando Rinaldo, che non ha problemi per dormire, iniziò a girarsi nel sacco, non persi l’occasione per parlare, e poco dopo decidemmo d’andare.

L13 alba-la tendaGli scarponi che stavano con noi nei sacchi erano sgelati e così non perdemmo tempo a calzarli, e una volta fuori prendemmo solo il tempo per sistemare quello che restava nella tendina, fissare già i ramponi ai piedi e ancora la foto ricordo; e via nella neve inconsistente del solco ripido della Valle; un passo avanti e due indietro cercando invano a destra e a sinistra neve un poco più consistente; e forse anche accendemmo le lampadine tascabili. Niente, e ben presto eravamo bianchi di neve.

L14 inizia il giornoL15 el ne ciamaIl solco tende a poggiare e la neve prendere corpo; e quando uscimmo il sole dell’aurora illumina le montagne che racchiudono l’Alta Val di Dentro che così tutta innevata sembrava tanto più ampia.

L16 alta Val di DentroL17 che tiradaSul falsopiano la neve ancora gelata facilitava il nostro procedere, e noi andammo anche ben oltre il punto dove s’inizia la salita per raggiungere la piccola Sella della via comune.

L18 puntemo ala selaL19 neve inconsistenteIniziammo la salita, e aprivo sempre io la pista perché Rinaldo sprofondava troppo nella neve, e faceva tanta fatica che deviò per conto suo nella speranza … che non c’era.

Non ne poteva più, e allora io mi portai verso la destra dove mi sembrava che la neve fosse migliore. Era vero perché quella parte è esposta al sole più tempo nella giornata, e pertanto con in freddo della notte si compatta; questo è stato il nostro convincimento.

L20 qua se meioLa salimmo fin sotto la parete che stava per essere raggiunta dal sole; solo che il bordo era poco spesso e noi dovevamo rientrare a sinistra perdendo quota.
- E se … Si; tirammo fuori la corda per continuare in sicurezza per il pericolo del cedimento dell’orlo del pendio, e arrivammo sulla piccola Sella.

L21 neve moleEravamo stanchi, tanto che rinunciammo a slegarci, e continuammo in cordata consentendo a turno di prendere fiato.
In quel tratto toccava a Rinaldo; e mentre sfilavo la corda io anche osservavo il pendio d’attraversare, e che nel secondo tentativo non affrontammo. Non che quella mattina lo vedessimo sicuro, ma eravamo solo più determinati.
Io speravo ancora di trovare una possibile variante, e così guardai nuovamente anche quello che stava sopra. C’era l’invito della conosciuta corta parete arretrata, non in linea, che continua l’isolata sovrastante proprio il pendio del traverso.

L22 variante salitaSolo che quella mattina presentava le sue cenge innevate, e dove sulla più marcata, noi due siamo passati in discesa dalla Cima Darmstaedter; e non scartammo certo quella possibilità portandoci la sotto (racconto presente nel blog).

L23 femo la paredinaTe va ti o vado mi.

L24 ga convegnùCosi, e senza difficoltà raggiunsi Rinaldo proprio sulla cengia con tetto conosciuta, e deve ci concedemmo una sana pausa per godercela.
Proprio ci voleva questa variante perché oltre ad evitare il traverso sulla mezza costa, il mio “cruzio” per tanto tempo, evita anche la salita d’uno dei due canaloni della via normale.

L25 semo a metà canalCosì traversammo la marcata traccia della cengia che gira lo spigolo, dove gli vedemmo sotto di noi colmi di neve; e noi felici della scelta che ci ha risparmiato il più lungo giro, e sicuramente tanta fatica.

L26 Cr da CampoRiprendemmo la salita tenendoci il più possibile vicino alla parete, anche tenendoci sugli appigli finche la neve teneva.

L27 vado a sxPoi dovemmo passare nel canalone singolo che gli continua.

L28 tira dritoPer sicurezza, e per non sprecare energie, facevamo mezze lunghezze di corda alternandoci; non così nell’ultimo tratto dove Rinaldo sprofondava fino ai fianchi.

L29 parete funaleTutto altro sulle rocce gradinate per portarci sotto la parete finale, ed entrammo nel diedro pulito dalla neve e ghiaccio.
Rinaldo era salito qualche metro che sentimmo arrivare il frastuono che credemmo dovuto al passaggio di un aereo a reazione. Non lo vedemmo, ma arrivo invece una forte raffica di vento che si schiantò su quelle pareti come le volesse demolire. Solo pochi secondi e arrivò un’altra con la stessa forza e un’altra ancora.
Per nostra fortuna non fummo colpiti perché al riparo nel diedro.

L30 questo se l'ultimoUna pausa, e seguirono delle altre in diminuzione di forza tanto che Rinaldo finì la salita del diedro.

L31 xe fataL32   anche per miUna volta raggiuntolo, noi subito c’imbacuccammo per difenderci dal vento freddo, e raggiungemmo la Cima: 22 gennaio 1981.

Dopo la fraterna stretta di mani solo silenzio; e non un alito di vento.
Erano trascorse da vari minuti le ore quindici e non volevamo perdere tempo.
Così restammo legati e senza toglierci i sacchi tanto che non mettemmo niente nello stomaco.
Scendemmo sulle nostre orme; il diedro in sicurezza perché con i ramponi calzati; e veloci tutta la restante discesa del canalone principale, e anche quello interno che prendemmo alla biforcazione per evitare la parete della variante che avrebbe richiesto più tempo.

L33  la se fataEravamo presto fuori, e la Croda da Campo nostra alleata rifletteva ancora la luce del sole per aiutarci sulla mezza costa. Sempre legati, e fidandoci della neve compattata dal gelo, traversammo il pendio e al sicuro sotto la parete con l’ultima luce del crepuscolo.

L34  crepuscoloAncora una pausa per guardare lo spettacolo dei Monti in controluce ormai alla fine del crepuscolo.
- Tullio, andemo che xe tardi.

Così dalla piccola Sella usammo ancora la corda perché il primo tratto era molto ripido.
Solo che sulla superficie trovammo uno strato di frammenti di ghiaccio caduti dall’alto, e che ci seguivano nella discesa con un melodioso fruscio andando a riempire le profonde orme appena lasciate.
Ormai la corda non serviva più, e una volta liberi ognuno scelse la sua discesa, e al chiarore della neve giungemmo alla tendina.
Tardi per tardi anche ci ristorammo perché in tutto il giorno non abbiamo messo niente nello stomaco per non perdere tempo; e anche la tenda richiese cura per infilarla nel suo sacco.
Riprendemmo a scendere e presto vedemmo la macchia scura della mugheta.

- Orpo, e adeso? Solo al pensiero d’entrarvi provai sofferenza. Lavoro di meningi anche se stanchi.
- Niente, noi seguimo la nostra pista e continuemo a scender per el canal soto i mughi cercando de adoperar le lampadine el meno posibile.
Fu proprio così, e anche quella volta la fortuna volle aiutare gli audaci.
Finita la neve finì anche la pista; e allora noi seguimmo la linea del canalone coperto da detriti ben attaccati al suolo dal ghiaccio che ci permettevano di scendere sicuri.
S’è fatto più stretto, e ben presto anche rasente alla parete del Torrione, e subito dopo anche che, forse, che abbiamo trovato la possibilità di evitare la discesa per lo sconosciuto canalone.
Vedemmo, intuimmo che dove il canalone aumenta la pendenza, al contrario, sulla parete del Torrione c’è un gradino d’erosione che, sembra, va per conto suo.
Sicuramente accendemmo anche la lampadina per veder meglio, e non rifiutammo quell’occasione anche se coperto di ghiaccio. Noi eravamo sempre con i ramponi calzati; e via.

Il gradino perde quota ma è sempre più alto del canalone; man mano si fa più ampio e con tratti erbosi che frenavano il nostro procedere per la paura di perdere il percorso giusto, e così, e dopo qualche titubanza, anche perché s’allontana dal canalone, e arrivammo allo sbocco del conosciuto che dai pendii ghiaiosi sottostanti la Croda scende delimitando il Torrione: stentavamo a credere, e con tanta facilità.
Ci restava ancora da superare l’ultima barriera di mughi a guardia, e come la prima volta in salita, e toccò a me il compito di trovare il passaggio.
Allora per avere le mani libere infilai la mia piccozza nel sacco alla meno/peggio e affrontai l’ultima battaglia.
Uscimmo vittoriosi; e quando allungai il braccio per riprenderla, la mano … trovò il vuoto.

Impensabile a cercarla, e mi consolai presto: la Croda l’ha voluta tenere per ricordo.
La breve salita sulla larga cengia per incrociare le nostre orme sembrava interminabile tanto che credevamo di essere passati oltre; invece erano là per indicarci la nostra discesa.
Discesa che deve essere stata tranquilla perché il ricordo ritorna che siamo sotto la finestra illuminata della casetta d’Armando, e che lo chiamammo.
Il copione è stato lo stesso, solo che era in camicia pesante; ma stava bene.

- Ah, siete voi. Poi m’informò che aveva chiamato (telefonato) mia moglie chiedendo nostre notizie.
Certo, lei era sicura che saremmo passati a salutarlo, e che lui la ha assicurata che saremmo discesi domani.
Stava già per chiudere la finestra e farci i saluti quando si bloccò un attimo; noi due eravamo la sotto ben illuminati dalla sua luce, e noi avevamo ancora i ramponi calzati coperti di ghiaccio. Il suo cuore deve aver avuto un sussulto, e subito c’invitto a salire a bere qualcosa di caldo; la moglie Gabriella intanto aveva messo degli stracci sotto la tavola.
In tanti anni che ci conoscevamo, ero la prima volta ospite dentro casa sua.
Cosi anche potemmo subito telefonare a casa per tranquillizzare le nostre famiglie prima di goderci la sua ospitalità.
In quel momento stavano guardando la televisione e così iniziammo da quella e dei suoi programmi. M’informai poi non vedendola, se la figlia fosse riuscita ad ottenere la licenza di maestro di sci che lui ci teneva. Inevitabilmente parlammo delle sue montagne e quello che noi avevamo fatto; e finimmo con la caccia che lui ci teneva di più, e che mi fece fare la figura “de mona” perché non sapevo che trofeo sono le corna del camoscio che lui aveva abbattuto, e che noi avevamo trovato i resti nella discesa dal Colle di Ligonto; e chiudemmo con una bella e sana risata.
Avevamo così trascorso al caldo e in allegra compagnia un’oretta; e i ramponi s’erano liberati dal ghiaccio.

Grazie Armando e signora Gabriella, alla prossima volta.
Lui aspettò ancora alla finestra che c’illuminava che fossimo pronti; poi chiuse anche gli scuri.
Arrivammo a Trieste intorno alle ore due.

La promessa mantenuta

Trieste, 1 aprile 2022

Croda di Ligonto – Monte Rosa 2786 m.

LG01 vedutaNon mi ricordo se anche negli anni passati c’è stato, ma certamente sì di questo 1973, nel quale ben due Festività, cadendo di sabato e abbinate la Domenica, ci hanno permesso la prima di preparare la salita invernale alla Cima d’Ambata, e la seconda di raggiungere finalmente la tanto ambita Cima della Croda di Ligonto o Monte Rosa.

Solo che anche questa volta non ricordo se nell’occasione della Festività di San Giusto, protettore della nostra città, avessi già programmato e dove la Gita di due giorni per l’amico Canciani Guido, e dove; ma la non riuscita salita alla Cima nell’occasione della salita nel mese di settembre con l’amico Sergio Hrovatin, non poteva che essere la Croda anche perché ero sempre lì con il pensiero.
Poi a mantenermi il sangue caldo c’è stata anche l’avventura sulla Cima Piccola di Lavaredo con gli alpinisti bulgari; e la garanzia che dopo su quei monti non ci sono state altre precipitazioni.

LG02 diario sabatoCosì quella mattina andammo con la FIAT 850 dell’amico Marega Luciano, e che immancabilmente s’era aggregato ben volentieri per conoscere quei Monti a lui sconosciuti.
La solita sosta ad Auronzo, e di seguito al posteggio ai Prati Orsolina.

LG03 particolariGiornata eccezionale per quel mese, e così senza furia, in allegra compagnia, ridendo e scherzando dai Prati Orsolina in sei orette arrivammo al Bivacco Gera nell’Alta Val d’Ambata.
Sorpresa perché lì dentro trovammo due giovani di San Donà di Piave, quasi nostri coetanei e non alpinisti, saliti fin lassù senza una meta precisa?

Cicola e ciacola, furono subito disponibili al dialogo come “muli de compagnia”; e dopo la cena saltò fuori un mazzo di carte e c’invitarono a sfidarli; Tre Sette e Briscola, e mettendo sul tavolo una mezza bottiglia di grappa. Poi c’informarono anche che sono tra i migliori giocatori della loro cittadina forse per intimorirci; ma noi accettammo la sfida anche perché c’è sempre del campanilismo con quelli che vivono nella zona di Venezia.
Guido é bravo nei due giochi; Luciano, l’indeciso, sì e no, e così entrai io che conosco quei giochi solo come passatempo. Così iniziammo a giocare guardinghi e timorosi verso una sconfitta annunciata. Sarà stato l’impegno profuso e l’aiuto della montagna, ma noi vincemmo tutti i due giochi; e “la trapa”, passata di mano, finì scolata ben presto tra tutti. Doveva essere anche di buona qualità perché c’invoglio al canto e a lungo.

LG04 diario DomenicaIl Bivacco, per chi poi sale alla Croda, è decentrato; così quella mattina, dopo aver salutato i due giovani, facemmo a ritroso e perdendo quota la Val D’Ambata fino al bivio con il sentiero per la Val di Dentro e Forcella Paola.

LG05 versante EstCosì lo seguimmo agevolmente fino ad entrare nel solco della Val di Dentro dove iniziò ripido e mal tracciato, e cosi fino al pascolo sovrastato dalla parete Est della Croda.
Sulla sua alta erba ancora verde sostammo a lungo anche per vedere le Montagne e pareti che lo circondano; e che i miei amici vedevano per la prima volta.
Si, e tutto questo in quella meravigliosa mattina dove risaltavano le luci e ombre; e a seguire tutti i colori sotto un cielo blu.

LG06 Val di DentroFaticosa fu la salita per valicare la piccola Sella che porta sotto le pareti della Croda; e che la intuì la prima volta scendendo dalla Croda senza tracce di passaggio o altre indicazioni per la salita.
Così senza esitazioni raggiungemmo lo sbocco del canalone che è la direttiva della salita; e dove la dentro la Montagna cambia.
Così lo salimmo lentamente prestando attenzione a non smuovere i tanti detriti sparsi sulle facili e brevi pareti e cenge.

LG07 tratto finaleIn alto volgemmo a destra seguendo un canalino gradinato e fino sotto la conosciuta parete finale strapiombante. Sì, perché sbagliando s’impara e la sotto non potevo più sbagliare e seguire a destra le invitanti cenge come l’altra volta.
Già prima avevamo fatto il punto; e sulla parete vedemmo ben mimetizzato il possibile passaggio per poi montare sulla cresta.
La volta precedente invece non la notai: mistero!
Non ci restò, come sempre consigliava l’amico Guido, de andar a veder.

LG08 vedo la cimaSuperai così la corta parete, e la sopra a seguire la spaccatura – diedro nascosta che mi portò su un abbassamento della cresta qui innevata, e da dove vidi più possibilità per continuare anche se non capivo quale fosse la Cima.

LG09 sulla crestaLG10 ultimo trattoInformai gli amici, e per non perdere tempo sciolsi la corda, e una volta riuniti decidemmo di seguire la cresta evitando per il pendio innevato; e la seguimmo in tanto spettacolo fino al punto più elevato: 4 novembre 1973.

Era dall’estate del 1961 che avevo promesso di salirla!

LG11 Canciani-MaregaLG12 Canciani e OgrisiRitardai anche il ristoro per fotografare la grande indimenticabile giornata.

LG13 Cr dei ToniLG14 M PoperaLG15 Cima BagniLG16 Cima  d'AmbataCostruimmo anche l’ometto; solo un segno. In tanta purezza uno più grande avrebbe stonato.

LG17 l'omettoBreve fu la sosta; ci accorgemmo d’aver impiegato più tempo del previsto per la salita e così a malincuore …

LG18 discesaLa sosta avrà raffreddato i muscoli a qualcuno che chiese subito la sicurezza della corda; o era quell’immenso spazio che dava vertigine?

LG19 con prudenzaCerto che le valli strette già nelle tenebre contribuivano al gioco.

LG20 tien ben che vadoCosì solo una volta sulla cengia che la corda ritornò nel sacco.

Alla fine del canalone ci fermammo per una pausa sulle cenge coperte d’erba secca e bruciata dal gelo; io un poco appartato sopra una balza erbosa.

LG21 de no crederI due amici intanto se la contavano fra loro mentre io guardavo la parete finale della Croda illuminata dal sole; e sentivo il suo calore riflesso sulla faccia accarezzata dalla fresca brezza serale montante, e che ascoltavo la musica dell’erba ondulante.
Certo, avevo mantenuto la promessa e con la coscienza a posto come un beato.
Il “Tullio te vien” dei compagni che avevano iniziato a scendere mi richiamarono alla realtà.
Il posteggiare ai Prati Orsolina era l’occasione nei ritorni per andare a salutare Armando Vecellio che aveva la casetta subito la sotto. Il più delle volte, anche perché si faceva tardi, senza scendere, e lui gli ricambiava dalla finestra. D’estate questa possibilità era quasi impossibile perché lui girava per il suo Campeggio.

LG22 piantina

Cima del Vallone 2

 

Cima del Vallone

Così in quella bella e promettente mattina di sabato, e con la macchina dell’amico

Armando Cossutta, imboccammo la quasi da noi dimenticata Valle di Riofreddo; e

lungo la strada già pensavamo alla possibilità di trovare un posteggio nei pressi della

mulattiera del Fondo Valle perché nel caso della riuscita della salita programmata, a

noi due per il rientro non restava che la discesa per i Verdi del Montasio; e a seguire

la discesa interminabile della strada bianca della Val Raccolana per poi rimontare a

destra il Ponte Raccolana; e oltre a rimontare in leggera salita la ben tracciata Strada

Militare ad ampi tornanti per mantenere la strada sempre a livello, e così anche per

superare il Vallico per poi scendere nella Valle di Riofreddo.

Solo che noi quella mattina trovammo ben presto la strada sbarrata; e sul cartello a

protezione della Natura; e non ci resto che posteggiarla in uno degli appositi spazi

messi a disposizione dei Turisti e Alpinisti.

gs1  panoramica gs2 panoramica gs3 Pan di Zucchero e Vetta BellaSì; solo che così l’approccio alla nostra meta sarà più lungo, e così anche il nostro possibile rientro. Niente; e rassegnati non con ci restò che butarla in rider; e una volta pronti e sacchi in spalla, tornammo a riprendere la strada asfaltata; e così nei punti giusti anche l’occasione per fotografare le Montagne quasi dimenticate; e più avanti, e prima di volgere a destra, altre a noi sconosciute. Solo che più avanti la strada continuava in salita in salita e a tornanti; e più avanti anche delimitata ai due lati dalla folta vegetazione che copriva le pareti delle Montagne. Sì, e così ancora per un buon tratto, e fino ad avere di fronte la Montagna con la parete in programma ancora nell’ombra scura. Non perdemmo altro tempo prezioso; e una volta con il materiale per la salita nei sacchi, ci portammo sotto la parete sconosciuta in programma ancora nell’ombra scura, e delimitata a sinistra da una liscia parete inclinata. Così, e una volta pronti, attaccai la non facile parete di fronte; e ben presto tentato, traversai a sinistra sulla oscura, liscia ma inclinata parete, e che rimontai fino a una sosta perché la parete soprastante la vedevo liscia e difficile. Così avvisai l’amico della mia rinuncia; e per non perdere quota iniziai il traverso per la stretta cengia che mi ospitava; e che una volta superato l’intaglio tra le due pareti, mi trovai sottostante un’invitante camino di roccia chiara; e da dove invitai l’amico in attesa a raggiungermi.

Cosi, e una volta i . ; . . ; e che superato un intaglio una volta va una stretta cengia la cengia puntando a destra un’altra parete , e dove sull’altra parete delimitata da un diedro risaltava un’invitate cengia, e che la raggiunsi ire a sinistra dall’altra che la raggiunsi in traversata. Sì; e per questa solo un tratto perché la parete soprastante la vedevo liscia e difficile; e così avvisai l’amico in ansia della mia rinuncia, e che scendevo per la mia alla base della parete.Solo che anche vidi la possibilità di traversare a destra, e rimontare una cengia, e che prometteva. Certo, non persi altro tempo, e con cautela iniziai il traverso, e fino sotto un’altra chiara parete che sembrava promettere.

gs4 Vetta Bella gs5 Cima di Riofreddo gs6  Cima Vallone e Pinnacolo gs7 inizio salita gs8 Paretina  inizialeCosi informai l’amico della trovata possibilità per riprendere la salita; e che assicuratodall’alto non perse tempo a raggiungermi. Sì, e che una volta riuniti perdemmo solo iltempo per chiarire la situazione. Così riuniti perdemmo solo il tempo per per valutare la situazione che non sembrava difficile ; e una volta insieme valutammo possibilità.

gs8 Paretina  iniziale gs9 tratto sbagliato gs10 sulla via giusta gs11  tira drito no xe mal (2) gs12 C. Grande della Scala  parete di latoCosì, e una volta pronti,iniziai a rimontare la non facile parete di roccia bianca, e così per due tiri di corda,perché più sopra la parete si verticalizza quasi a pilastro, e di color rossastro.Niente; traversai a sinistra rimontandola con cautela. Sì, e fino a vedere che la parete soprastante diventava a sinistra sulla detta parete inclinata a rimontare di fronte ben presto tentato a rimontare la detta parete a che una volta in parete fui tentato .

gs13 Forc. delle Vergini gs14 Cima di Riofreddo gs15 xe più facile gs16 bel sto tiroSolo che nella salita della parete fui tentato di entrare nello ampio spacco che ladelimita a sinistra illuso di trovare meno difficoltà; e non pensai certo due volte a cosapotevo andare incontro. Così, e trovato il passaggio, iniziai a rimontare in traverso lanon facile scura parete, e poi rimontare la parete scura e verticale che portava sul soprastante spazio e ottimo per far terrazzino.

Solo che l’ultimo tratto levigato della parete non mi dava fiducia nell’innalzamento,e cosi rinuncia il tentativo; e avvisando la sotto l’amico preoccupato in attesa.Solo che prima, e guardando la parete a fianco, notai che questa era percorsa da una invitante cengia; e così nella cauta discesa, poggiai in quella direzione, e dove la rimontai anche per far terrazzino all’amico in attesa.

gs21 traverso a destra gs22 no par vero gs23 particolari gs24 no iera mal

Solo che prima di far programmi la parete a lato era percorsa da una invitante cengia sottostate e questa era traversata da una cengia ecche era in programma, intorno fino alle prime e vere difficoltà; e dove decisi di rinunciare il tentativo, e AVISANDO l’amico IN ATTESA.

Così iniziai a scendere con cautela , e fino a vedere la possibilità di traversare a destradove sottostante la bianca parete risaltava un’esile cengia sottostante la bianca PARETE , e che la raggiunsi sottostante la bianca parete, e che la raggiunsi senza perdere quota e ottima sosta; e informato l’amico l’invitai a raggiungermi.

Così riuniti tutto diventò più facile, e vedendo la parete sovrastate bene articolata,e senza perdere non mi restò che salirla; e senza perdere altro temposenza perdere altro tempo la rimontai fino a trovare una buona sosta dove aspettail’arrivo dell’amico. Sì; e così anche il successivo tiro di corda, e fino e sottostanti alleprime vere difficoltà.

gs29 intaglio divisorio gs30 verso Val Riobianco gs31 8 agosto 1981 gs32  meritava

Niente, anche perché la parete soprastate era strapiombante; e così non mi restò che prendere in considerazione la stretta e lavorata parete a destra che sembravapromettere; e che la raggiunsi con cautela in traversata fermandomi la sotto a far terrazzino, anche perché solcata da uno stretto camino che sembrava promettere.

Non perdemmo tempo prezioso; e tanto che attaccai la parete interna di un pilastro che prometteva anche se ancora nell’ombra scura.Solo che provai a salirlo, e alla prima difficoltà rinunciai a proseguire per quelle pareti ancora nell’ombra oscura.

gs33  particolari nella discesa gs34 tracciato della salita gs110  tira drito no xe mal

Sì; una volta la sotto anche valutare la difficoltà che andremmo incontro per quelle più

facili.

gs135 piantina tracciato salita e  discesa

Così ancora per un buon tratto.

 

La Cima del Vallone 2368 m

La Cima del Vallone 2368 m

Per la rampa orientale

Sì, la mettemmo in programma dopo la non facile riuscita salita della Cima Piccola della Scala; e ben caricati dalla riuscita.

Scegliemmo anche la recente relazione di G. Meng, visto qualche volta in Val Rosandra, e G. Svizzero, e riportata sulla Nuova Guida delle Alpi Giulie del Buscaini con la fotografia ed il tracciato per andare sul sicuro.

Così eravamo nuovamente nella Valle di Riobianco, e questa volta in tre perché s’era aggregato Aldo Pressel, un collega d’ufficio che veniva da oltre un anno con me prima sulla Palestra della Napoleonica, e poi in Montagna.

gs01  CIMA VALLONENon era una bella giornata, e che continuava una perturbata fine primavera confermata dalla neve ancora abbondante nella Valle e sui Monti.

Quel giorno non toccammo il Bivacco C.A.I. Gorizia perché decentrato dall’attacco della nostra salita che inizia sul prolungamento a rampa della parete. Solo che quella mattina con un tappeto di ghiaie e verdi affioranti dalla neve per i nostri preparativi sull’asciutto; era la giornata giusta, e via.

gs02  primi tiri

Bella la salita sulla rampa con roccia buona e ricca d’appigli e che procedendo la commentavamo.

gs03   Pressel Aldo

gs04  la parete soprastanteUn paio di lunghezze per poi uscire a sinistra su roccia rotta sotto la parte superiore difficile; e con un traverso in salita tornare in linea sopra le difficoltà.

gs05  cambia tempo

Stavo accompagnando la corda in quel tratto facile e guardavo intorno. – Orpo. Sì, dal Gruppo del Canin stavano avanzavano veloci nuvole minacciose. Allora allarmai i compagni ad accelerare la salita, ma il temporale fu più veloce e ci colpì con grandine e neve con contorno di lampi e tuoni.

gs06  nella bufera

Tememmo il peggio; invece dopo una decina di minuti terminò restando solo le nuvole ad intanfanare la Montagna. Intanto noi eravamo entrati in una larga fenditura che ci portò in cresta e per questa all’ometto della Cima: 8 giugno 1975.

gs07    Forcella del ValloneNecessariamente non sostammo; e riprendemmo a seguire la cresta ben presto in discesa per evidenti tracce di passaggio per poi passare in parete e uscendo più sotto dalla fitta nuvolaglia puntammo alla Forcella.

gs08  tracciato

Certamente non avremmo trovato altre difficoltà perché il ricordo ritorna che siamo nella Forcella del Vallone m 2180, e dove stiamo valutando come scendere il muro verticale sottostante di neve ghiacciata di circa 6 metri.

Non c’erano alternative che il salto; ed io diedi l’esempio imitato da Aldo.

Armando invece preferì scenderlo facendosi dei sicuri scalini con i talloni tra i nostri commenti spiritosi.

gs09 piantinaPiantina

 

Alpinismo in Bulgaria

Bulgaria, 10 settembre 1972

 

Sì; perché questa data era stata concordata per corrispondenza; e che anche fissava il punto d’incontro e l’ora con il nostro accompagnatore una volta entrati in Bulgaria; e come poi è avvenuto.
Solo che non ricordo chi del nostro Gruppo era stato incaricato a tenere il Documento Ufficiale, anche perché ben ricordo che una volta entrati in Bulgaria, questo era continuamente vagliato per non sbagliare la Località e la Piazza dell’incontro.
Credo inoltre che di questo “soggiorno” nessuno di noi si sia preso l’impegno a prendere nota di quanto fatto giorno per giorno, anche perché vissuto alla giornata.
Probabilmente ci sarà stato anche un programma stillato da loro; ma poi è andata come nessuno l’avrebbe previsto.
Ora, anche se a distanza di tanti anni, ma con il valido aiuto delle diapositive che scattai in quei giorni, sono riuscito a metterle insieme con i miei ricordi quella felice e incredula esperienza.

Sì; e una volta accettato l’invito, la XXX Ottobre mise a disposizione il “Duilio”.
Così l’avevo chiamato il Promiscuo della Volkswagen, donatoci dall’allora Presidente Duilio Durissini.
Per la sua guida s’era impegnato l’amico Giorgio Costa meccanico d’auto, e che mai chiese il benché minimo cambio alla guida.

Così partimmo la mattina di sabato 9 settembre, e con destinazione la città di Nis (Serbia), perché per noi era il più vicino passaggio di Confine tra l’allora Jugoslavia e la Bulgaria.
Così verso il tramonto per non appesantire il già monotono viaggio, scegliemmo di pernottare in un campeggio vicino il Confine, e così entrare poi in Bulgaria in bella presenza: e così per il rispetto della fratellanza alpinistica, demmo il passaggio fino al Confine a due giovani ragazze americane che poi scenderanno verso il mare.
La mattina del 10 settembre fu proprio così; e tutti tirati a lucido arrivammo sul Confine.
Salutate le due “mule americane” che andranno per conto proprio, noi un poco in ansia perché c’era sempre il pericolo di qualche intoppo burocratico arrivammo allo sportello.
Consegnati e vagliati i Documenti ci fecero il segno di passare; e non ci degnarono neanche di uno sguardo; e con un sospiro liberatorio entrammo nella terra di nessuno. – Xe fata! Con la lettera in nostro possesso ora verranno senz’altro a prenderci con la Banda. Così la “ butò in rider” qualcuno per togliere la tensione accumulata; e toccò a noi ad esibire i Passaporti ed il Cartaceo dell’invito.
Niente; e ci fecero capire di metterci da parte per liberare il passaggio?

Nell’Ufficio di Confine Bulgaro erano tutti in agitazione con i telefoni in lavoro; e ripetuti sguardi indagatori passavano rasentando le visiere dei berretti dei militi graduati; e non era verso di sapere qualcosa anche chiedendo in altre lingue.
Oltre un’ora stemmo fermi sul chi vive in quella terra di nessuno; poi improvviso e senza “ai né bai” un cenno; e passammo.
Ci concedemmo solo ancora una piccola sosta per far provviste di Vodka; e via per essere puntuali all’appuntamento.

Non mi ricordo poi se nella Capitale o in altra città, ma sì che tutti i grandi palazzi esibivano sulle facciate lunghe fasce di stoffa colorata. Ci aspettavano, e gli avevano esposti per noi, concludemmo.
Poi ricordo solo della breve sosta in questa città per l’incontro concordato con il nostro accompagnatore Nickolaus… con noi nel promiscuo: e via, e fino al posteggio di una graziosa, recente e tutta bianca costruzione in mezzo ad una radura nel bosco; e tutt’intorno parcheggiate nuove automobili con le targhe dei Paesi dell’Est.
Eravamo arrivati, ma in ritardo; ed i soggiornanti erano già a cena.
Il tempo di sistemare i nostri sacchi nelle camere assegnate, di rinfrescarci ed entrammo nella sala da pranzo con tutti i posti occupati; e staccato un tavolo già imbandito: il nostro.
Gli sguardi dei presenti erano solo per noi; e tra la grande scelta di vivande e acque minerali non c’era il vino.

Lo facemmo notare al nostro accompagnatore; e la richiesta creò turbamento tra i presenti. Lo stesso lui tornò con alcune bottiglie.
Intanto l’orchestrina aveva iniziato a suonare per intrattenere ed allietare i presenti; e per il dovere dell’ospitalità non mancò di suonare qualche motivetto napoletano imparato per l’occasione.
La mattina ci svegliammo tutti con comodo, e solo dopo la colazione iniziammo a chiederci cosa avessero programmato per noi.

Il giovane accompagnatore parlava e capiva solo un poco di tedesco; e questo rendeva tutto più difficile, ma sufficiente.
Niente. Per quella giornata andremo in un Rifugio che serve da base per il Gruppo della Maliovitza – Rila.
Noi per non sbagliare ci portammo dietro anche tutto il materiale per l’arrampicata.

bu01x Gruppo MoliovitzaUn tratto di strada bianca con il “Duilio”; e poi per il sentiero al Rifugio in una vasta radura circondata da Montagne tondeggianti in parte coperte da boschi misti di varie vegetazioni.

bu02x il Rifugiobu03x Tabella

bu04x particolare

bu05 NikolausFinita la sosta ristoratrice si continuò il giro esplorativo nella Valle sempre meno alberata; e fino alla vista di una struttura rocciosa che ci catturò.

bu06x la nosta metaSì; e staccata dal corpo del monte a formare guglia o campanile dalle pareti pulite.
Interrogato l’accompagnatore, c’informò che su quella guglia ci sono alcune vie difficili e già assicurate con gli Spit; e da lui salite più volte.

Alt; e ferma tutto perché gli amici la volevano salirle.
Sì, e no anche perché non era nel programma; ma alla fine l’accompagnatore decise d’accontentarci.
Così alcuni tornarono in Rifugio a prendere il materiale d’arrampicata; e qualsiasi cosa che fosse stata programmata non ebbe attuazione.
Una volta riuniti formammo le cordate; ed io che parlavo un poco di tedesco scolastico farò cordata con lui; mentre gli amici affronteranno le altre vie difficili e chiodate; e tutti d’accordo ci aspetteremo in Cima.
Sì; e l’accompagnatore attaccò quella salita che conosceva a memoria, e dove non mancavano i chiodi a pressione per assicurarsi nei passaggi difficili.

bu07x in Cima

bu08x in Cima Così con tre o quattro tiri di corda eravamo sulla piazzola della Cima.

Fu troppo bella quella prima giornata vissuta in assoluta libertà sui Monti della Maliovitza; e con la prima, anche se breve, salita su roccia.

bu09x panoramica bu10x panoramicaCosì, e nell’attesa dell’arrivo delle altre cordate, le Montagne al sole a farci compagnia perché intanto la nostra Cima era già nell’ombra

bu11x foto ricordoGiorgio Costa e Ermanno Predonzan

 bu12x foto ricordo Fabio Covacich col berretto e Roberto Priolo Giorgio Sbrizai e Nikolaus…

Lo stesso vale anche per le altre cordate che avevano scelto salite più difficili, e che aspettammo lassù per poi scendere insieme.

Così anche quella sera l’orchestrina ci omaggiò con qualche motivetto di musica napoletana.
Noi intanto avevamo deciso di parlare con l’accompagnatore sulla possibilità di trascorrere il resto dei giorni al Rifugio invece che in Albergo.
Così glielo dicemmo; e il suo viso cambiò di colore anche perché tutto era già stato programmato.
Niente; si alzò ed uscì dalla sala senza un saluto.
Sarà andato a telefonare agli organizzatori della Nostra richiesta; ci dicemmo.
Non mi ricordo in che momento della sera lui tornò per avvisarci che aveva ottenuto il Permesso per il trasferimento al Rifugio.
Sì; e sarà stata dura per lui convincere la Società organizzatrice, anche perché mai immaginata quella possibilità.
Così quella mattina sul “Duilio” caricammo alcuni sacchi di scatolame e altri viveri.

Intanto il tempo era cambiato, e la Maliovitza si era coperta da nuvole.

Il Rifugio era custodito da marito e moglie; e due ragazze d’aiuto che servivano solo l’acqua calda; non c’era altro.
Il marito partiva alle prime luci del giorno con i due cavalli a far provvista di legna per l’inverno.
I due giorni successivi gli passammo tra quei Monti con Nikolaus, e con la speranza di salire qualche quota importante che lui conosceva.
Niente; servivano solo per avere la coscienza a posto perché non riuscimmo neanche a vedere le pareti da salire.

bu13x l'addioLa mattina della partenza il tempo era splendido, e la Maliovitza si faceva ben ammirare.
Le possibili salite che noi programmammo per quei giorni non sono rimaste neanche nel ricordo.
Solo la struttura rocciosa conosciuta il primo giorno è stata ancora salita da una nostra cordata.

Dal Libro dell’attività del Gruppo Rocciatori:11 settembre: Kouklata – Classique; tre cordate Tchavoar; Priolo, Sbrizai e Covacich.

Senza data: Elenine Vrah; Priolo e Sbrizai a.c.a.

Così tornammo a Sofia; e con noi un altro accompagnatore.

Sì; un signore di mezz’età, capelli un poco lunghi; e che presentatosi, chiese subito se qualcuno di noi conosce il Francese.
Per un attimo ci guardammo sgomenti ricordando quello appena passato; ma fu un attimo, perché Roberto Priolo affermò di conoscerlo; eravamo salvi.
Probabilmente ci disse anche il suo nome; ma ci avvisò che lo chiamano Zorro?
Solo un breve giro per la Capitale, qualche foto e nuovamente in viaggio verso la città di Vratza.
Viaggio monotono per la strada asfaltata nella pianura coltivata a perdita d’occhio; e fino all’invito a Costa di parcheggiare il “Duilio” nei pressi di un’isolata e caratteristica costruzione datata?

Era un Bagno Termale; e che proprio ci voleva, ci dicemmo entrando incuriositi.
La dentro e nella poca luce c’era una sola dipendente, e incassava il dovuto per la doccia e l’asciugamano da bagno consegnando il relativo scontrino.
Ognuno poi entrò nella cabina numerata dove imparò sulla propria pelle la scritta acqua calda e/o fredda; e butandola in rider.

Peccato non aver avuto più tempo; e via.

Viaggio monotono, e fino all’invito di sostare su uno spiazzo lungo la strada in leggera salita dove iniziano le prime colline; e dove intorno ad un al locale c’erano molti tavoli occupati da giovani che indossano la tuta ed i loro bicchieri contenenti una bevanda colorata?
Noi invece preferimmo la birra.
Non ci fermammo invece nella città di Vratza perché in ritardo sul programma; e proseguimmo ancora un tratto per poi passare per uno spacco tra pareti rocciose dove ben presto l’accompagnatore invitò Giorgio svoltare per un ponte, e fino alla palazzina che era il Rifugio della Società Alpinistica che ci ospitava alla pari; e accolti con sentita amicizia da alcuni soci e alpinisti.

bu14x Vratza-le paretibu15x le paretibu16x pareti  Non ricordo altro, e fino la mattina che assistemmo all’illuminarsi delle alte pareti della Falesia delimitate dal torrente e dalla strada asfaltata.

bu17x settore con tracciati

bu18x settore con tracciati bu19x settore con tracciati bu20x settore con tracciati  Così, e finita la colazione, andammo a controllare le Tabelle con le pareti e relativi tracciati delle vie di salita, e con sottostante i nomi dei primi salitori o di fantasia.

bu21x tracciati Una volta decisa la via restava a formare le cordate; e cicola e ciacola si formarono, e non mi restò che farla con Fabio Covacich che avevo appena conosciuto; e tanto che scegliemmo la via Kosmonauiti di IV° grado.

Fabio con la corda e feraza varia a tracolla ed io con nel sacco la merenda e la boraccia d’acqua rifacemmo il percorso fatto con il Duilio, e passato il ponte a sinistra per la strada asfaltata e sottostante la parete fino ad individuare la via di salita scelta.

bu22x sulla KosmonautiSì; un avancorpo di roccia chiara che invitava a salirlo. Così la sotto ci legammo in cordata, e andremo alternati. Solo che Fabio mi chiese di fare il primo tiro.

bu23x sulla Cresta L’avancorpo si salda alla parete verticale della Cresta che è la direttiva della salita.

bu24x Covacichbu25x sembra Val Rosandrabu26x passaggi de urlo

bu27x particolari

bu28x panoramicaCosì alternandoci sulla Cresta, tiro dopo tiro, fino a saldarsi sulla parete della Montagna.
Noi sullo slancio continuammo un breve tratto su questa, e fino a capire dalla difficoltà che stavamo sbagliando.

Tornati sul facile c’erano i bolli rossi che seguimmo fino ad una indicazione, e oltre ad aspettarci il “Zorro” salito per la via di discesa per aspettare la nostra cordata, e quella di Priolo e Sbrizai che avevano affrontato una via impegnativa.
Così in compagnia, anche se il dialogo non era facile, l’attesa fu meno lunga; e fino alla risposta dei nostri ooh-plop ormai vicini.

bu29x l'incontro bu30x l' incontro Una volta riuniti si presero il minimo ristoro; e prima d’iniziare la discesa che mi fotografassi con “Zorro” e l’amico Priolo.

bu31x discesa  Seguendo la segnaletica scendemmo per un canalino che finiva nel vuoto; e dove iniziava una serie di scale metalliche che ci facilitarono la discesa…

Così quella sera, ma probabilmente già nella discesa della parete, “Zorro“ ci comunicò che domani sarà un giorno di riposo; e così noi tutti andremmo in visita al Monastero di Rila; e dove durante l’occupazione Turca era stata salvata la loro Cultura.

Sì, e restammo anche sorpresi perché eravamo convinti d’essere venuti solo per arrampicare; e mentre loro avevano anche messo in programma alcune visite Culturali con l’accompagnatore “Zorro” che era professore e uomo di cultura.

Solo che di questo ci rendemmo conto nel viaggio di ritorno ripassando quanto fatto e visitato con lui in quei giorni; e non lo dimenticheremo il brav’uomo.

Così quella mattina ce la prendemmo comoda, e partimmo in abiti civili.

Viaggio monotono per una strada stretta e con tratti in salita, e tracciata nella fitta vegetazione e senza incrociare nessuno; e così fino ad un pianoro erboso circondato da alture coperte da fitta vegetazione, e subito sul piano il Monastero di Rila.

Il tempo di metterci in ordine, e via con il nostro accompagnatore a farci da cicerone.

bu 1 Rila-Santuario

bu 2 particolari

bu 3 particolari

bu 4  particolari

bu 5 particolari

bu 6  particolari

bu 7 particolari

bu 8 particolari

bu 9

bu 10Assicurati dal Zorro che per la giornata successiva non c’erano altri impegni, lungo la strada del ritorno formammo le cordate, ed io sempre con Fabio Covacich.

bu 11 settore con tracciatiCosì la mattina finita la colazione, e dopo una scorsa alle Tabelle, decidemmo per la via Besingi di V°; e su un’altra struttura rocciosa della Falesia; e via veloci.
Una volta individuata ci portammo la sotto, e dove un diedro di roccia chiara era l’unica possibilità per superare il primo salto di parete.
Così nei preparativi cicola e ciacola anche la sua richiesta di fare tutta la salita da primo.

bu 12 sulla via  BezinghiFabio nella salita del diedro facilitata dai suoi arti inferiori.

bu 13 xe dificileNon cosi più sopra dove il diedro diventa difficile, e si arrampica sulla parete esterna.

bu 14  le ultime difficoltàNon ricordo con quante lunghezze di corda; ma raggiungemmo la Cresta della struttura con un buon tempo.

bu 15 quanto fattoSì; e che sembrava quella dell’altra volta, e dove Fabio desiderò scattarmi una foto.

bu 16  la finisi quàCosì proseguimmo fino a trovare una pennellata rossa dove l’apice della cresta perdeva quota nell’altro versante.
Niente; per l’amico la salita terminava su quella cresta.

bu 17 meritavaLa giornata non era il massimo; e scattate le foto iniziammo la facile e segnalata discesa da non lasciar ricordo.
Certo, che poi non sono mancate altre visite sulle loro attività artigiane e non.
Solo che non le documentai.

bu 18 visita sul  DanubioCosì a chiudere riporto quella scattata nella visita a una distilleria sul Danubio.
Restava alla sera la Festa d’addio con invitate le Autorità.
Solo che la mattina, e una volta pronti per partire, e salutati da alcuni Soci per l’ospitalità, chiedemmo di Zorro?
Niente; sparito nel nulla; e così salutati i presenti montammo in macchina, e per la strada bianca ci immettemmo sulla strada statale, e lentamente guardando lungo il corso del fiume fino a vederlo festante tra i massi dove ci aspettava.

bu19 ZorroSì; e solitario sul letto asciutto del Torrente?
- Orpo; e ferma tutto! Così scendemmo andandogli incontro; e sul suo viso si vedeva la tristezza per l’addio.
Sì, anche per lui quella sarà stata una nuova esperienza.
Uno scambio di fotografie; e il grazie di tutti noi per quanto datoci; e via.
Ci fermammo nella Capitale Sofia perché alcuni volevano acquistare qualche ricordo da portare a casa; e fissando l’ora di partenza dal posteggio.
Così, e solo, entrai in un grande Centro Commerciale; e visitando i vari piani comprai per Heydi alcune confezioni d’acqua di rose che tanto ci teneva; per la figlia Ester nell’attesa che cresca, un giubbotto di pelle; e per la casa alcuni piatti di legno scolpiti; e per non far tardi, tornai veloce al punto della nostra partenza; e dove cicola e ciacola, nessuno si premurò di scattare qualche fotografia.

Bu20  Sofia-veduta

bu21 ricodo ai Caduti

bu22  veduta

bu23 veduta

bu24  veduta

bu25 veduta

bu26 veduta

bu27 vedutaSì, e fortuna volle che le fotografie pubblicate nel racconto, le scattai il giorno del nostro primo arrivo nella Capitale perché non si sa mai.
Così, e una volta pronti, non ci restava che il lungo viaggio di ritorno, anche perché avevamo deciso di viaggiare anche di notte per poter rientrare a Trieste per la strada panoramica che si sviluppa lungo la Costa della Jugoslavia.
Così, e con la Carta Stradale sempre a mano, puntammo in quella direzione per una strada asfaltata, ma stretta.
Niente; per questa, e ormai nel buio, qualcuno chiese una sosta per cenare; e una volta controllata la Carta, seguimmo un’altra verso un centro abitato.
Solo che prima c’era la Stazione Ferroviaria; e con lì vicino alcuni frittoli di carne e birra.
Non era il massimo; ma non perderemo tempo prezioso.
Così ristorati tornammo sulla strada principale e senza traffico che iniziò a prendere quota; e dopo alcuni tornanti, una volta sul piano, la sola Casermetta con il passaggio di Confine.
Faceva freddo lassù; e ci controllarono solo a vista con i relativi Passaporti.
Lo stesso copione anche sull’altro confine; e una volta oltre tirammo un sospiro liberatorio; e via, e in discesa.
Arrivammo a un bivio; e le scritte riportate illuminate dalla nostra lampadina non erano d’aiuto. Sì e no; e volgemmo a destra.
Solo che la strada presto tracciata nel bosco si restrinse, e con il fondo naturale?
Alt; e ferma; e cicola e ciacola decidemmo di continuare, anche perché impossibilitati a girare il “Duilio”.
Faceva freddo lassù; e alcuni chiedevano di dormire. Niente, perché il nostro autista voleva continuare. Così passai davanti per fargli compagnia, mentre loro si distesero sui posti a sedere.
Dopo un tratto sul piano, la strada bianca iniziò a scendere nel fitto bosco e a tornanti.
Non era ancora l’alba che incrociammo alcuni fabbricati rurali; e più avanti, illuminata dai fari, una donna con la testa coperta dal fazzoletto che scappò come impaurita.

bu28  via verso il mareAncora un tratto per la strada migliorata in discesa, e uscimmo sulla strada principale asfaltata e alla luce del giorno; e più avanti stando anche attenti una volta nel centro abitato, di trovare un locale per fare la colazione.
Si, e trovatolo entrammo accolti dal proprietario che conosceva anche bene l’Italiano.
Eravamo i soli; e dolci e paste non mancarono; solo che il caffè era alla turca.
Non perdemmo altro tempo; e ritemprati riprendemmo il viaggio con la speranza di essere a Trieste nella serata.

bu29 panoramicaFinalmente il tanto desiderato Mare

bu30 panoramicaLungo la Ferrovia.

bu31 Lago di ScutariIl Lago di Scutari.

bu32  panoramicaIntanto eravamo arrivati in una distesa d’acqua; e dove la strada continuava fino a saldarsi alla massicciata con i binari della ferrovia.
Un vero spettacolo; e anche se in movimento desiderai fotografarlo.

bu33 RagusaRagusa – Dubrovnik

bu34 BudvaBudva

bu35  Lago di CattaroLago di Cattaro

bu36 Isola CalvaIsola Calva

bu37  verso FiumeVerso Fiume – Rijeka

Lungo il viaggio, anche se perdemmo solo il tempo per le fotografie, si costatò che saremmo arrivati a Trieste nella notte; e tanto valeva fermarsi a Fiume ed entrare a Trieste nella Domenica e senza darci furia.
Così andammo a trascorrere la notte a Fiume in un campeggio tra i pini marittimi.
La mattina, e già in viaggio, anche decidemmo di entrare a Trieste per il Confine dell’Altipiano considerando la ressa per quelli sul mare.
Così passato quello della Jugoslavia, il nostro milite chiamò il graduato in aiuto.
Controllati i Passaporti, un giro intorno al “Duilio”; alcuni secondi con noi in ansiosa attesa.
Intanto dietro al “Duilio” s’era già formata una piccola colonna d’autovetture.
- … e per controllare il tutto qui passo il pomeriggio. Potete andare.

Grazie!

Stazione di Carnia

Trieste, 1 marzo 2020

La Famiglia Treu

La mia scelta di servirmi del treno per le mie solitarie uscite Domenicali, e andando nei ricordi, fu ben programmata; e una volta sceso in Stazione fruì del bar per prendere un cappuccino ben caldo, e uscì dalla Stazione.

01 Gruppo del Monte PlaurisIl Gruppo del Monte Plauris ripreso dalla Strada Statale di Amaro.
Sì; e quella giornata di fine autunno del 1987 era bellissima, e a completarla le Montagne intorno ancora nell’ombra.
Poi rivolto al paese scesi a incrociare la strada principale che come le altre era deserta; e dove l’unico segno di vita era il vocio del bar sul lato opposto della strada che stavo scendendo; e così preferì seguire quella che attraversava a destra il paese con la speranza di trovare la possibilità di raggiungere le pareti del Monte ancora nell’ombra.
Lungo quel tratto di strada principale tra le case non incrociai nessuno, e fino vedere in alto sulla parete del monte sostenuto da pilastri, il nuovo viadotto costruito per evitare la strettoia di Carnia.
Poi perso per perso desiderai veder la costruzione da più vicino, e presi a sinistra il largo marciapiede della strada asfaltata che passava la sotto.
Solo che all’inizio c’era una nuova fontana con il rubinetto, e un’ampia vasca per più usi; e a seguire sul vasto marciapiede un carrozzone con le ruote adibito a uso abitazione, e anche ben tenuto ma disabitato.
Una volta oltre seguì la strada asfaltata che terminava nel ghiaioso e basso verde alla base della parete del Monte; e dove rinunciai a proseguire.

Tornato oltre i detti pilastri, notai a sinistra una stradina che puntava l’inizio di un dosso erboso, e la seguì fino a vedere alla sua base un rientramento circolare che ospitava l’impianto di una teleferica in ottime condizioni?  Così anche l’invitante solco del percorso, e che iniziai a rimontarlo.
Solo un tratto perché preferì rimontare il sul bordo anche se ostacolato dai rami; e così fino all’impianto superiore dove conobbi il signor Treu e il figlio ormai uomo che poi mi chiamerà Trieste, impegnati a sistemare il cavo intorno alla ruota superiore. Il tempo di presentarci, e raccontai le mie intenzioni di salire quella Montagna; i saluti e via.

Soprastante continuava un ripido prato erboso, e più sopra anche delimitato a destra da basse ma difficili tratti di parete delimitate da intagli.
Niente; e così preferì fare un giro di ricognizione per conoscere la Montagna.
Più avanti l’orologio m’informò che il tempo stava passando, e trovata una buona sosta a sedermi sopra un masso a ristorarmi.
Così, e dopo la sosta ancora un giretto per perdere tempo, e iniziai la discesa puntando l’arrivo della teleferica dove non c’era più nessuno; e non mi resto scendere per il mio percorso sul lato esterno.
Una volta alla base l’impianto era ben chiuso, e seguì il percorso della mattina e fino a vedere il largo marciapiede con il carrozzone, e presso la fontana due signore che sembravano aspettarmi.
Una volta riuniti, e dopo la buona sera, una ci salutò e si diresse verso il carrozzone; e l’altra, la moglie del Treu, m’invitò a prendere una tazza di te da lei. Sì; e sarà certamente organizzato dal marito.

Così accettai anche perché avevo tempo prima della partenza del treno, e attraversata la strada, lei m’invitò a entrare nella loro casa, e dove nella cucina il Treu sembrava attendermi.
Poi cicola e ciacola sorseggiando una tazza di te; e restarono sorpresi quando gli informai d’avere due figli ancora piccoli, Ester la femmina e Furio il maschio. Così anche lo informai del mio interesse a conoscere quelle Montagne d’inverno anche per non perdere la mia forma alpinistica.
Ancora qualche minuto, e lui si alzò per incontrarsi com’era uso, con gli amici in un locale.
Così con la moglie Giovannina, anche se lei voleva che continuassi a chiamarla Maria, parlammo a lungo dei miei due figli, anche perché il suo che studiava a Udine, aveva la sposa.
Ormai buio non mi restò che salutarla e incamminarmi alla Stazione per prendere il Treno per Trieste delle ore 18.

Il Ritorno

Certo; non accettai la mancata salita di qualche Cima di quelle Montagne non difficili; e rivivendo quanto fatto e visto, programmavo un ritorno; e tanto che la Domenica successiva scesi alla Stazione di Carnia alle ore 8, e favorito dalla settimana di bel tempo stabile.
Sì; e dopo il caldo cappuccino al Bar della Stazione, iniziò la grande giornata; e una volta uscito rifeci il percorso conosciuto per Carnia, e senza incrociare nessuno, fino all’impianto della teleferica quella mattina chiuso.
Niente; e così iniziai a rimontare il bordo del solco facilitato dai rami spezzati l’altra volta; e oltre l’arrivo della teleferica proseguì dritto rimontando ripidi tratti erbosi delimitati a destra a intervalli da corte e difficili pareti a delimitare il vuoto, e fino a una più ampia e difficile, e con la parete interna precipite nel vuoto; e tanto da non considerarla.
Così mi portai oltre e fino sotto la bassa e difficile parete che rimontai per una stretta fessura verticale che incideva gli strati per alcuni centimetri poggiando, e fino sull’inclinato dosso erboso che lo percorsi fino a vedere un invitante appiattimento dove mi distesi per la sosta al sole.
Sì; ma neanche una decina di minuti perché avvertì che qualcuno stava scendendo?

Sì, era un alpinista della zona; e che aveva furia di scendere perché doveva trovare il passaggio in quota per poi salite a Tugliezzo dove aveva posteggiato la sua macchina.
Poi cicola e ciacola mi chiese per dove ho salito il tratto difficile?

Sì; e informatolo, si meravigliò perché la parete difficile che avevo appena intravisto nella salita, era stata attrezzata con chiodi e cavi d’acciaio.
Ancora i saluti perché doveva più in basso trovare il passaggio per raggiungere la sua automobile a Tugliezzo; e via.
Qualche minuto, e decisi di seguirlo per conoscere il suo itinerario di discesa; e scesi dritto dal dosso fino a trovare i cavi che mi facilitarono il traverso.
Così non mi restò che seguire la sua traccia sull’erba, fino e oltre l’inizio del crinale divisorio con la traccia ghiaiosa ben marcata che scendeva per un ampio canale erboso, e più avanti sull’altro versante una costruzione ancora abitabile; e via di buon passo.
Avevo sceso gran parte del sentiero fino a incrociare un altro che veniva da destra; e su questo ancora lontano l’alpinista poco prima conosciuto che stava arrivando?

Sì; non era riuscito a traversare i massi del vasto canalone; e ora dovrà salire a piedi al posteggio di Tugliezzo; tanti auguri, e via veloce in discesa per il sentiero.
Non per me perché il treno per Trieste partiva da Stazione Carnia alle ore diciotto.
Sì; e una volta in Stazione dovetti anche aspettarlo.
Solo che un giorno d’inizio dicembre sul nostro quotidiano, c’era un trafiletto che informava della morte del signor Treu avvenuta nella località di Gridezzo dove era salito con il trattore e rimorchio per recuperare un grosso ceppo per portarlo a casa per fare una scorta di legna per l’inverno.
La moglie Giovannina non vedendolo rientrare diede l’allarme.
Sì; e gli uomini del soccorso l’hanno trovato la sotto che era ormai morto.

Tentativo al Monte Soreli 1355 m d’inverno.

A ricordo dell’amico

Dopo una prima nevicata all’inizio dell’inverno sembrava che la neve sul Gruppo del Plauris non volesse cadere, e così quella mattina dell’ultimo di Carnevale, scesi alla Stazione di Carnia per salire il Monte Soreli m 1355 m.
La solita sosta per il cappuccino in un Bar sottostante la Stazione perché quello sopra era ormai chiuso da più tempo; e una volta servito rimontai la solita strada in salita fino a incrociare la Strada Statale.
Sì; e di fronte la parete scura, verticale e conosciuta che la raggiunsi veloce; e a seguire il traverso fino allo slargo detritico erboso cosparso di massi di tutte le misure e i primi alberelli spontanei.
Sì, e a seguire fino a montare sul sentiero prendendo quota e ben presto sottostante la Cresta delle Clapuzze come le chiamava l’amico Treu; e che il più delle volte le percorrevo al posto del sentiero per mantenere la forma.
Più avanti il sentiero seguiva la sponda di uno stretto canale, e fino a essere chiuso da un masso.
Qualche metro prima un tronco d’albero facilitava il passaggio; e una volta oltre, e dopo un tratto ripido erboso sul piano c’era la sua casetta in muratura, nell’interno tutto il necessario per viverci e lavorare i verdi pascoli e altro.
Avevo visto il su interno più volte, e così continuai per il ripido pascolo a mezza costa per rimontare il vallone erboso con alcune costruzioni invase dalla vegetazione, e fino a una cresta erbosa dove puntavo un’esile guglia rocciosa di poco più di un metro; e ottimo punto di riferimento.
Sì perché oltre la traccia continuava per i pascoli, e quel giorno con qualche chiazza nevosa, e a seguire per una stretta cengia che traversava sottostante un tratto di parete e pascolo quasi verticale, e tanto da vedere sottostante la strada asfaltata, e qualche volta con alcune automobili posteggiate.
Più avanti la cengia si fondeva sull’opposto ripido versante erboso roccioso; e che rimontai per verdi e corti gradini rocciosi, e fino su un corto risalto roccioso, e dove decisi di fermarmi perché di tutte le Montagne intorno nella densa nuvolosità, faceva capolino solo la parte finale con la Cime più elevate.
Niente; e non mi restò che sedermi sul rilievo roccioso per mangiare qualcosa.
La densa nuvolosità finalmente iniziò molto lentamente a perdere quota; e così lo stesso iniziai a scattare le prime fotografie per poi proiettarle in qualche serata in Sede della XXX ottobre ai Soci e non.

02  dalla quota della sostaLa Valle del Tagliamento di Tolmezzo.

03 l'AmarianaL’Amariana

04 Sernio-GrauzariaLa Val d’Aupa con il Monte Sernio e la Creta Grauzaria.

Sì; e anche spostandomi per il prato, il bottino di fotografie mi sembrò scarso; e così, e con la sola macchina fotografica, rimontai il successivo costone roccioso fino in uno slargo delimitato da giovani alberelli; e con l’ometto: 12 febbraio 1989.

05  Canal del Ferro06  Monte Cjucis07 Palon-LariciSì; e da lassù scattai altre fotografie anche spostando le ramaglie, e rammaricandomi di essere salito senza il sacco con le provviste perché era mia intenzione di rimanere lassù in attesa del tramonto per completare il servizio fotografico.
Solo che non feci caso che il settimo scatto era stato per il Monte Soreli 1355 m.
Così non mi restò che scendere alla prima sosta nell’attesa del tramonto.
Solo che lassù le ore trascorrevano lente; ma volevo mantenere l’impegno propostomi, e così non mi restò che aspettare fino a vedere che la superficie nuvolosa tendeva a colorarsi di rosa, e prendendo lentamente quota.
Così, con la macchina fotografica in mano iniziai andare su e giù per il prato con la speranza di trovare l’occasione per il primo scatto.

08 la nebbia che stava montandoSì; e la val D’Aupa si offerse per prima.

Non solo a tingersi, ma anche lentamente a prendere quota.

09La Valle del Tagliamento con l’Amariana.

10La Val D’Aupa con le sue Montagne ancora al sole a chiuderla.

Solo che per scattare quanto sopra dovevo aspettare il momento giusto; e una volta soddisfatto tornai alla sosta in attesa del tramonto.

11 dalla sostaCosì anche l’ometto.

12 la Valle sottostanteLa Valle del Tagliamento.

13  dall'ospitale sostaSolo che volevo anche scattare una al tramonto; e per non far tardi mi decisi per questa.

14  tracciatoTracciato

Restava la lunga discesa fino alla Stazione di Carnia per prendere il treno per Trieste delle ore 18.
Sì; e una volta sceso a Trieste, e così vestito de gita mentre andavo alla fermata dell’autobus, i cittadini in festa mi scambiavano per una maschera.

La quota 1754 m senza nome

Trieste, 1 febbraio 2020

1 tracciatoLa Cima del Cuel Mauron.

2L’inizio ripido del tratto finale del sentiero.

3In primo piano la Cima senza nome in programma.

Sì; e vista e osservata a lungo nel corso della Gita estiva del 7 settembre 1992 con la salita del Cuel Mauron 1814 m IGM da dove la fotografai.

4 31 ottobre 1996Solo che quella volta in Cima c’era anche infissa un’artistica Croce: 31 ottobre 1996.
Sì, e anche sorpreso perché non trovai tracce lungo il percorso o e non le notai.
C’era anche affissa la targhetta per chi era stata posta; e il nome del Gruppo per l’iniziativa della zona d’Udine e o Pordenone che non ricordo.

5 panoramicaPanoramica

Il tempo per la fotografia con la novità, e via veloce in discesa lungo la cresta perché le giornate si sono accorciate; e così fino a dove diventa parete con la base difesa da folti mughi dove dovevo trovare un passaggio dei camosci tra questi; e con la speranza poi d’imboccare la cengia come programmato.
Sì; e sarà stata la giornata giusta perché tornando sui miei passi tra i rami di media altezza, non mancavano tracce del loro passaggio. Così spostando alcuni per de qua e altri per de la c’era invitante e comodo calpestio di camosci.
Così lo percorsi solo un breve tratto perché puntava un canale che non era il massimo; e ferma tutto per fare il punto.
No; non mi andava di scendere per quel canale.
Solo che la parete verticale di fronte era ben presto strapiombante; e la stretta cengia alla base che si esauriva per un breve tratto per poi continuare sempre più larga con il vuoto sottostante.
Non rifiutai certo l’occasione; e un volta in parete, e sottostante lo strapiombo, la traversai fino quasi al suo termine per essere sicuro d’avere sottostante la cengia. Avevo calcolato giusto; ma lo stesso per sicurezza scendendo mi tenni a destra dove la cengia sottostante doveva essere più larga.

- Xe fata. Solo che la detta cengia all’arrivo non era il massimo, perché oltre che stretta era friabile.
Niente; il tempo di fare il punto che iniziai percorrerla veloce perché sempre più larga e coperta d’erba, e fino a un passibile bivio delimitato da una cresta; e il canale interno ben presto invaso da alti e grossi mughi.
Così tornai sui miei passi e continuai per quella esterna più marcata con la speranza che questa attraversasse poi tutta la parete. Solo un breve tratto; e ci sono dei corti salti rocciosi con verdi e mughi che invitano a scendere; e per un breve tratto perché più sotto è difficile.
Niente; così traversai a destra aggirandoli per le piazzole erbose fino a trovare una corta parete inclinata e liscia che traversava per una decina di metri il versante.
No sì e sì no; anche perché una volta traversata non era evidente a cosa andato incontro; e nel caso di rinuncia anche non riuscire a tornare.
Così, e promettendomi di tornare, rifatto il traverso in salita dei corti salti rocciosi, nel punto giusto, ci stava la meritevole sosta.

67Sì, e anche per fotografare le caratteristiche strutture rocciose prima solo osservate; ma promettendole che le avrei fotografate nel ritorno.

8Il passaggio tra i mughi e con la cengia trovata.

9Il Cuel Mauron, e la dorsale erbosa e rocciosa che si salda alla Quota 1754 m.

10La fotografia per ricordo del sottogruppo a me sconosciuto; e via.

Sì; perché prima nel ritorno non mi diedi furia per vedere le novità.

11Monte Palavierte con il Cuel Mauron

12A  tracciatoTracciato

13  piantinaPiantina

Cuel Mauron 1814 m.

Il ritorno sulle quote sconosciute.

Probabilmente sarà stato l’amico Daniele a chiedermi d’andare a fare una Gita in Montagna; e a lui andava anche bene il Cuel Mauron anche se non era il mese adatto per il caldo; e cicola e ciacola si aggregò anche l’amico Valerio Coslovich da poco in pensione.
Così quella mattina di una magnifica giornata si posteggiò al Pra di Lunze, e dove inizia il sentiero; e caso strano non c’era nessuno, e il locale ristoro chiuso?
Niente, e così non ci restò che seguire il sentiero in salita nell’ombra scura del bosco. Senza fretta fino al ritrovo dei cacciatori e così avanti, fino ad incrociare il sentiero principale verso il Monte Palavierte.
Sì; e ora dovremmo cercare il percorso più evidente non essendo nell’erba alta una possibile traccia.
Dopo il primo tratto di ripida salita, fu più conveniente traversare a mezza costa per i corridoi tra i mughi; e a seguire un poco per de qua e un poco per il ripido pendio erboso, e fino sotto la parete solcata da vari canali di roccia friabile.

15La scelta fu indovinata perché per quel seguito uscimmo in cresta, e prossimi alla Cima, e che la raggiungemmo una volta riuniti: 27 agosto 2003.

14aSì; e avevamo impiegato meno tempo del previsto; e perché non tentare l’invitante quota 1754 m che avevamo di fronte?
Daniele preferì riposare, mentre Valerio fu più che disponibile; e via.
Niente era cambiato dall’ultima volta; solo qualche mugo mi sembrava cresciuto, e traversammo la mugheta conosciuta.

16 panoramicaUna volta oltre finalmente presentai all’amico la cengia in programma; e il passaggio difficile in salita da superare.
Niente; per lui tutto OK, e lo tenterà per primo e senza la sicurezza della corda; e via.

17Sì; per lui era il massimo, ma non volle rinunciare, e una volta sotto lo strapiombo trovò gli appigli giusti, e lo stesso per scendere la parete sottostante e poggiare a destra fino alla cengia sicura.
Non era molto convinto, ma accettò di continuare.
Al bivio seguimmo la cengia erbosa a sinistra fino alla folta macchia di mughi a chiudere il passaggio e dove l’amico rinunciò a proseguire.
Niente; e così proseguì per un corto canale che continua in salita, e fino a capire che porta in uno spacco a canale che dovrebbe permettere di continuare la salita.
Ritornato dall’amico, cicola e cicola e fatto il punto per quanto visto, Valerio rinunciò a continuare anche se con la corda; e così mi aspetterà al riparo dei mughi.
Ritornato nello spacco, seguì uno dei vari canali che lo formano, e per poi seguire quello che tende a sinistra dove la parete è facile anche se rotta; e anche progredendo provare gli appigli.

Intanto il canale si era allargato a imbuto, e sovrastato dalla vasta parete triangolare, ancora nell’ombra scura, dove mi era difficile tracciare un possibile percorso. Niente; così restai nel canale che sempre più facile porta a sinistra tra massi di tutte le grandezze… e verso uno spigolo.
Sosta d’obbligo per fare il punto della situazione; e così guarda de qua e guarda de la e di spalle, c’è una struttura a campanile che non mi lasciò indifferente.

18Sì; e una volta la sotto per roccia sicura montai sulla Cima che non credevo così spaziosa da ospitarmi nel suo giardinetto per la fotografia con l’ometto.

19Il Cuel Mauron, e il costone in parte coperto dalla mugheta che abbiamo percorso in discesa.

Sceso alla base del campanile, e per quanto osservato, non mi restava che la cresta o spigolo sperando in una tranquilla e area arrampicata.
Niente; la roccia era friabile o difficile, e così fino sotto la non facile breve parete finale difesa dall’impenetrabile mugheta in parte bruciata dall’incendio di qualche anno prima.
Sì; e che durò per circa una settimana perché per le difficoltà d’accesso, e distanti da centri abitati, decisero di non intervenire.

20   27 ago 2003Riuscì a passare, ma dopo alcuni tentativi, e spezzando incontro i rami di mugo in parte bruciati che ostacolavano l’accesso alla Cima: 27 agosto 2003.
Poi il caso ha voluto che sullo sfondo a farmi compagnia fossero il Cuel Mauron e il Monte Palavierte.
Non persi altro tempo, e iniziai veloce la discesa fino a che…
– Orpo! Sì; mi ero dimenticato di scattare qualche fotografia nella salita alla Quota 1754 m.
Così per rimediare, e una volta la sotto, tornai sulla Cima del Campanile per avere più panorama.

21L’accesso allo spigolo, l’ometto e parte della Cresta poi percorsa.

22Così anche la Cresta finale; e la caratteristica parete della Cima con i mughi non toccati dall’incendio.

23Poi la discesa veloce che non ha lasciato ricordi; e così fino a incontrare l’amico venutomi incontro avvisato dal mio ooh-plop. Così tornai sui miei passi per fotografare l’entrata e uscita del canale del mio percorso.

24Vista la macchina fotografica, l’amico desiderò scattarmi una fotografia con i mughi che l’hanno ospitato.

25La cengia d’approccio con il calpestio dei camosci; e Valerio festante oltre il passaggio difficile iniziale.

26Il passaggio tra i mughi che ci ha permesso di trascorrere una grande giornata.

Niente; una volta oltre ci restava solo di rimontare il canale detritico per la Cima.

27   i magnifici tre  27 agosto 2003Sì; una volta riuniti la foto ricordo: 27 agosto 2003. Daniele Sandri, Valerio Coslovich e Tullio Ogrisi.

28   l'ultimo salutoQuanto fatto.

Non perdemmo altro tempo, e una volta pronti iniziammo la lunga discesa.

29   panoramicaPanoramica con i colori del crepuscolo; e prima d’entrare nel bosco che nasconderà tutto.

30     tracciatoTracciato

31    piantinaPiantina

Nel Gruppo del Monte Sernio m 2190

Trieste, 1 gennaio 2020

                               Alpinismo sulle Crete di Palasecca

pm01 Monte Sernio 2190 m panoramicaPanoramica

… restava solo di tornare a Sella di Pra di Lunze; ma per evitare il ghiaione preferì traversarlo e scendere per la bassa vegetazione per raggiungere la strada bianca.
Così, e cercando i tratti erbosi per passare nella mugheta, trovai invece una piccola radura e dove sgorgava l’acqua che si sperdeva in un canalino tra il verde.
Alt e ferma tutto perché ero assettato, e anche per terminare le ultime provviste; e rinfrancato ripresi la discesa incrociando il sentiero percorso la mattina.
- Xe fata! Mi girai verso le Crete di Palasecca in ottima luce per un’altra fotografia. Solo che intorno al collo la macchina fotografica non c’era più; e così anche nel sacco: persa.
Un giorno a casa, e con la nuova Guida delle Alpi Carniche aperta, e contando su quello che avevo visto, decisi di salire il Monte Palavierte 1785 m per il non facile canalone Nord contando sulla prima salita di U. Leschiutta, Celeste Simonetti e Roberto Simonetti il 20 aprile 1981.
Così quella mattina di sabato da Sella di Lunze m’incamminai per la strada bianca alla ricerca del canale d’approccio; e lo trovai anche subito, ma ricco d’acqua.
Niente; e ritornai un tratto sui miei passi, e poi dritto per il pascolo fino vederlo in quel punto più largo e piatto con un velo d’acqua; e che più avanti si sperdeva nella vegetazione ormai senza acqua, e così fino a trovarlo chiuso da un dosso roccioso che non è stato facile da superare. Poi seguì una traccia che mi portò sul bordo di un pianoro quasi circolare coperto da bianco detrito, e in parte chiuso da pareti ancora nell’ombra scura.

pm02 Piantina corretta- Orpo! Sì, e anche stretta al cuore perché la più vasta di fronte era divisa in due parti dal canale verticale che dovrei affrontare.
Una volta la sotto, e con luce migliore, il canale non mi sembrò il babau intravisto, e risaltava anche il masso incastrato che aspettava la sfida.

pm03  canalone SudCosì anche la roccia levigata del canale, ma con gli appigli giusti: e via convinto in bell’arrampicata un poco per de qua e un poco per de la e fino sul ripiano detritico sottostante il masso poco più di mezzo metro; e da dove fotografai quanto fatto.

pm04 dal terrazzino con il massoPoi mi rivolsi al masso e iniziai salirlo… niente.

pm05 paso sotoCosì non mi restò che umilmente passargli sotto per superarlo internamente.

pm06 da sopra il massopm07 qua xe facileUna volta passato lo rimontai sopra, e da dove non mancai di fotografare verso Valle, e dall’altra parte a quello che andrò incontro.
Sì; e così dal masso passai sulla parete che man mano diventa facile, ma su roccia sporca di detriti, e fino entrare in un canale dal fondo coperto da detriti e massi che gradatamente poggia puntando all’intaglio che lo chiude.

pm08 spettacoloCosì lo rimontai fino all’intaglio ingentilito da piante verdi; e da dove non mancai di fotografare il panorama di fronte.

pm09 forse il PalavierteCosì, e fatto il punto della situazione, non mi restò che scendere un breve tratto per poi salire la facile cresta di lato; e così fino in una piccola radura sospesa ricca di vegetazione sottostante una cresta di roccia bianca che poteva anche essere il Monte Palavierte? Così mi tenni la sotto rimontando l’evidente percorso dei camosci.

pm10 non manca che la nebbiaSolo che improvvise arrivarono delle nebbie a complicare la situazione preoccupandomi.
Niente; invece com’erano arrivate, se ne sono anche andate, e mentre ero arrivato in un intaglio tra due quote rocciose.

pm11  l'AmarianaSì; e più sopra anche l’occasione per fotografare subito l’Amariana proprio di fronte perché non si sa mai.

pm12 son venudo per de laCosì anche fotografai la sottostante e poco estesa balconata erbosa e piante verdi appena percorsa in salita.

pm13 devi eser questoPer completare le novità fotografai anche lo spigolo arrotondato della quota in parte rocciosa e incombente sul facile canale appena salito.
Così soddisfatto per quanto fatto e visto non mi restò che scendere perché la mia Meta in programma era coperta dalla quota opposta; e man mano scendendo anche guardando intorno.

pm14 Cuel Mauronpm15 no par veroImmagine ingrandita

- Orpo! Ferma tutto perché verso Est su una cresta in ombra scura e in controluce risaltava un foro?
Sì, e che mi tentò, e tanto da cambiare il programma per andare a vedere la novità; e via.
Solo che non conoscevo quella Montagna; e dovetti prima aggirare scendendo la base del detto spigolo incombente di roccia difficile; e poi cercare un percorso sul versante infestato da mughi; e così anche sulla cresta raggiunta che porta in quella direzione.
Ancora solo un tratto perché man mano la mugheta dirada, mentre la cresta prende quota diventando difficile.
Niente; così tornai sui miei passi fino a vedere in versante Nord e sottostante una stretta cengia rocciosa che prometteva; e senza pensarci due volte ero la sopra.
Sì; e continuava il traverso fino a esaurirsi sovrastata da una liscia parete; e via.
Una volta la sotto già pensavo alla rinuncia; ma anche a trovare qualche possibilità per continuare.
Era la giornata giusta perché la vidi, solo che dovevo salire una decina di metri e traversare.
Sì e no; e con cautela affrontai la parete, e fino a vedere l’inizio di una cengia; e che la raggiunsi con un traverso non facile.
Solo che questa era stretta, ghiaiosa, e poi in salita esposta sul vuoto, e al suo termine anche passare sull’altra sempre in salita, ma in senso opposto. Intanto la parete incombente gradatamente terminava delimitata da un corto canalino con alcuni gradini insicuri che rimontai fino sulla cresta solcata nella sua lunghezza da un facile canale che lo rimontai fino sulla cresta, e dove cercando il percorso migliore arrivai sul punto più alto e senza traccia d’ometto del Cuel Mauron 1814 m: 7 settembre 1992.

Mi restava ancora di trovare il foro.
Pertanto niente sosta; e via per lo spazio esterno della mugheta di una non recente tagliata, e a seguire in discesa tenendomi sul limite del bordo della cresta.
- Orpo! Sì perché sottostante la parete c’era un lastrone roccioso incastrato tra la parete del Monte e la parte superiore di un piccolo campanile esterno; e così non mi restò che scendere e montare sul lastrone.
Dopo averlo ben osservato, volevo anche fotografarlo; ma non trovai l’inquadratura giusta. Niente, e per non perdere tempo rinunciai.
Così tornai veloce sulla Cima per costruire l’ometto e la sosta per le fotografie.
Invece sosta brevissima perché l’invito a tentare le Quote sconosciute e senza nome di fronte fu più forte; e nuovamente per la stessa discesa veloce in quella direzione, e anche un tratto per il ghiaione.
Poi la solita vocina mi consigliò che era il caso di rimandare il tentativo; e di finire quello programmato.

pm16  settembre 1992Giusto; e ritornai sulla Cima, e tra un boccone e l’altro iniziai il servizio fotografico.

pm17 quanto fattoLa piccola Valle sospesa

pm18 M.te Sernio Cresta PalaseccaMonte Sernio e la Cresta della Palasecca

pm19 Cresta d'unioneLa Cresta d’unione

pm20  Monte PalavierteIl Monte Palavierte, con l’evidente percorso per salirlo.

pm21  verso la  pianuraLa cresta che degrada verso la pianura

pm22Le ambite Cime e Quote in parte senza nome

pm23 tracciatoTracciato

Restava solo la discesa per la via di salita; e contando sul ricordo di quello appena percorso e visto.
Non persi altro tempo, e una volta pronto m’incamminai per la traccia prestando attenzione a trovare l’ometto d’uscita; e a seguire la traccia ben marcata per non mancare l’importante passaggio delle due cenge a rampa; e più sotto la discesa della breve e difficile parete, e il facile tratto iniziale.
Solo che per la discesa impiegai meno tempo del previsto; e per quanto visto dalla Cima, perché non tentare il Monte Palavierte 1785 m sull’altro lato della Valle?
Così una volta sulla Cresta, e come osservato già nel corso della salita, scesi per facili rocce dove la mugheta era diradata, e in traverso sull’erba, ben sotto l’intaglio puntando l’inizio del marcato sentiero di salita per il Monte, e ben difeso da una breve mugheta, e via.

pm24  Cima  Palaviertepm25  Pra di LunzeRestava solo, e senza darmi furia, di salire il sentiero appena pulito dai mughi fino in Cima; 7 settembre 1992.
La discesa dalla Cima e della strada bianca non ha lasciato ricordi.

Nelle Prealpi Giulie d’inverno

                           Trieste,1 dicembre 2019

Il Jof di Ungarina 1806 m

La salita

Un giorno di tarda primavera raggiunsi una delle Cime e Creste rocciose che sovrastano l’abitato di Carnia; e ammirando quelle che formano il Gruppo del Monte Plauris, notai sorpreso che quella che continuava verso Est aveva la parete e la depressione sottostante ancora innevata; e solo la mancanza di tempo frenò il mio desiderio di salirla; e così mi promisi di tornare quanto prima per salirla; e così un giorno di febbraio scarso d’innevamento.

1 Jof di UngarinaLa Meta in programma

2  le Prealpi GiulieLe Prealpi Giulie

3  Amariana-Sernio-GrauzariaMonti Chianpons – Plauris

4  Plauris-CjamponMonti Amariana – Sernio e la Grauzaria

5  panoramica OKPanoramica della Montagna in programma

Sì; e arrivato quel giorno d’inverno con poca neve, e conoscendo la Montagna, quella mattina posteggiai la mia datata FIAT 500 alla gran curva, e con un programma ben preciso.
Solo che passato l’abitato, ben presto incrociai la strada bianca sconosciuta, e perso per perso invece decisi di seguirla; e più avanti anche prendendo quota per un canale in salita?
Niente; lo seguirò fino a trovarlo conveniente, e poi sarà quel che sarà.
La scelta fu azzeccata perché il sentiero la dentro era in leggera salita, con corti tornanti e delimitato da robusti passamani metallici.
Così lo percorsi sempre più innevato, e con il pendio a lato sempre più ripido; e fino a trovar conveniente a uscirne.
Sì; e una volta oltre proseguì prendendo quota in traversata a destra, e fino a vedere il Monte Plauris e parte della Cresta d’unione con la meta programmata.

6  per la crestaLo stesso preferì a continuare il traverso in salita, e fino sul meno ripido per poi puntare la Cresta anche se distante dalla Meta in programma.

7   ecolaSì; e la neve della Cresta raggiunta era anche ottima; e senza pensarci due volte iniziai subito la sua facile discesa; e a seguire piana per poi riprendere in leggera salita.
Solo un breve tratto perché trovai un corto e stretto intaglio con il fondo ghiacciato che ospitava dell’acqua corrente; e sottostante un breve muro di neve compattata.
Sì; e lo superai con attenzione per poi proseguire a vista per la parete innevata fino sul punto più elevato del Jof di Ungarina: 1806 m 6 febbraio 1998.

8  xe fataSolo che prima della meritata sosta preferì fotografare quanto appena salito, e con la Forcella Slips 1631 m.

9  La Cresta bassa percorsa e il Monte PlaurisCosì a anche Il Monte Plauris 1958 m la più alta quota del Gruppo.

10 novembre  1995 Ogrisi T.La foto ricordo.

A seguire quelle dei Monti intorno, e prima d’essere sorpreso dall’oscurità.

11  crestone SWIl versante Ovest e la Cresta di Cervada.

12  Mte PlaurisIl Monte Plauris.

13  Grauzaria-BoorLa Creta Grauzaria e il Cuc dal Boor.

14 Lavara-GiulieMonte Lavara e le Alpi Giulie.

15  Il Jof di UngarinaSolo che una volta sulla Cima, e conosciuta la Montagna, per la discesa preferì scendere per l’invitante costone di ottima neve scattando ma mano alcune fotografie.

16  Mte LavaraIl Monte Lavara.

17 Lavara-MusiIl Monte Lavara e i Musi.

18  M.te Plauris scendendoScendendo Il Gruppo del Monte Plauris.

19  forc SlipsLa Forcella Slips e lo Jof di Ungarina.

20 Prealpi GiulieVerso le Prealpi Giulie.

Sì: e mi congratulavo della scelta fatta, e cosi fino a montare sul rialzamento innevato destreggiandomi tra massi e mughi.
Sì, ma solo un breve tratto perché a destra c’era un ripido canalino innevato tra questi che m’invitava a scenderlo.
Non ci pensai due volte; e lo scesi con attenzione un poco per de qua e un poco per de la fino sulla cengia nevosa, e in discesa fino a uscire sopra i pascoli cercando man mano per dove aggirare i grossi massi sparsi sul ripido pendio man mano scarso di neve.

21 Cima da CampoLa Cima da Campo

Così più avanti e man mano perdendo quota.

22 Mte ChiamponIl Monte Chiampon 1709 m in controluce.

23 la MalgaSui pascoli la malga.

24  quanto fattoAncora una panoramica, e prima del tramonto.

Monte Plauris

Trieste, 1 novembre 2019

La Cresta di Cervada 1781 m, e la prima la prima nevicata stagionale.

Una mattina d’ottobre in ufficio squillò il telefono, e caso raro la telefonata era per me.
Sì, e c’era il compilatore delle Gite della nostra Sezione XXX ottobre, e che voleva che facessi da Capo Gita per salire una Montagna a mio piacimento; e scelsi il Monte Plauris per mercoledì 8 novembre 1989.
Così sullo slancio anche compilai la richiesta di ferie per quella giornata.
Solo che martedì mattina si scatenò un temporale d’inaudita violenza su tutta la Regione, e tanto da imbiancare le Montagne fino a quote basse; e annullarono la Gita.

1   Plauris-CjamponIl Monte Cjampon e il Gruppo del Monte Plauris.

Niente; e così decisi d’andarci lo stesso, e lungo l’autostrada scattai alcune diapositive; e via e fino alla gran curva nella Val Venzonassa, dove posteggiai.
Non persi altro tempo, e sacco in spalla, e con le racchette adattabili nelle mani iniziai la grande giornata per la stradina bianca e di tanto in tanto con alcuni gradini per prendere quota; e così fino all’abitato nel silenzio che mi sembrava disabitato. Tra le basse case risaltava la Chiesa con il massiccio Campanile con inseriti sulle facciate dei grandi orologi, e con l’ora esatta.

2  Forcella SlipsRipresi di buon passo, e così fino a un bivio dove abbandonai la stradina che volgeva sulla destra per Forcella Slip per rimontare quella che puntava la Meta in programma.

3  Sant'AntonioLa Cappella di Sant’Antonio.

4  panoramica  limite della neveSolo per un breve tratto perché prendendo quota man mano diventò sentiero, e fino a rimontare la prima neve.

5 11 Forcella Slips-qta 1816 mL’importante Forcella Slips 1816 m.

6 12  Monte PlaurisLa parete da salire innevata e con evidenti cumoli di valanga.

7  13 il versante innevato8  14 la lunga traversataIl versante da salire disturbato da cumoli di neve di valanga.

Sì, non era il massimo, e più sopra e sottostante il Monte Plauris, tutto il versante innevato era coperto da queste colate di neve.

9  15 la Cresta di Cervada 10  6 slavine dalla Cresta del Plauris 11  7  il versane EstNiente; e così non mi restò che traversare in quota il versante per poi tentare la salita per lo spigolo Ovest della Cima di Cervada; e da me percorso e più volte senza neve.

12  8 Jof di Ungarina  1816 mCosì anche apparire lo Jof di Ungarina 1816 m.

13  4  20 le Cime di CervabaCosì anche in parte le Cime della Cresta di Cervada.

Solo che man mano progredendo nel versante al sole il livello della neve sulle pareti prendeva quota e lasciva ben sperare.

14  5  21 qui non c'è neveSì; e fino a montare sul pendio erboso innevato.

15  6  22  VenzoneCosì anche il panorama della Valle con l’abitato di Venzone.

16  23   Jof di UngarinaLa mugheta senza neve, con il Jof di Ungarina innevato.

17  24 il crinale SW e le  tre Cime di CervadaCosì iniziai il lungo traverso in quota man mano girando per il versante al sole per portarmi sotto lo spigolo; e fino altre un corto risalto roccioso che copriva una parete della Cresta che era tutto un invito a salirla.

18 25 il Monte AmarianaSolo che prima fotografai il Monte Amarianna.

19  26  quanto salitoCosì per l’ottima neve uscì sulla Creta di Cervada quasi incredulo.

20  sulla Cresta di CervadaSolo che per arrivare sul punto più elevato della Cresta dovrò rimontarla e superare alcuni non facili intagli.

21  la prima CimaSì; ma non quel giorno che la neve aveva riempito tutti gli intagli uniformandola.
Così la percorsi fino sotto a un breve pendio che rimontai sulla cresta, e anche possibile Cima.

22  Le Ctme di CervadaLa Cima del Monte Plauis coperta da più strutture rocciose.

23  30 la Val LavaruzzaLa testata della Val Lavaruzza con la Cima dei Larici 1603 m.

24  31 una CimaSul più alto rilievo raggiunto in quella giornata: 8 novembre 1989.

Solo che per questi accertamenti finali persi tempo, e pertanto iniziai veloce la discesa favorito anche dalle mie orme ben tracciate.

25  Lultimo tratto di Cresta percorsa.Sì; e via.

26  33 Jof di UngarinaIl Jof di Ungarina.

27  34  Monte PlaurissIl Monte Plauris.

28  35  la Val VenzonassaLa Val Venzonazza.

29  36 Cima di Cervada 39 scendendoLa Cima di Cervada.

30  7 panoramicaPanoramica con l’Amariana.

31  8  Mte Soreli-V LavaruzzaLo sbocco della Val Lavaruzza  e il Monte Soreli.

32  40  la mia traccia33  41 quanto fattoParticolari della Cresta.

34  42  Portis-e Val LavaruzzaLa frazione di Portis, e l’inizio della Val Lavaruzza.

35  43 6  Mti Soreli-AmarianaIl Monte Soreli e l’Amariana.

36 8a 7  46  5a 56 idem37 9  8  47  5b 6  quanto fattoLa Cresta di Cervada.

Intanto ero arrivato metro più metro meno alla mia uscita dalla parete nell’andata; e senza pensarci due volte iniziai la discesa per quella neve, e anche veloce.

38    Jof d'UngarinaSì; e a chiudere la Cresta, lo Jof di Ungarina.

Non persi altro tempo, e ripresi la discesa sottostante Il versante Sud della Cima di Cervada percorso in salita, e fino a montare sull’erba dove avrò trovato una traccia di sentiero.

39  da PortisSì’ perche la successiva fotografia la scattai dalla frazione di Portis con i colori del tramonto.

40  Gr del PlaurisE prima del tramonto la fotografia del Gruppo del Monte Plauris che scattai dalla strada statale per Amaro.