Trieste, 1 dicembre 2017
Il Monte Avanza 2489 m
Credo che il nome di quel Monte lo sentì la prima volta mentre la Suora ci stava leggendo la lettera abbellita con disegni di stelle alpine ed altri fiori montani, scrittaci dai due ragazzi più grandi dell’Asilo Speranza che ci ospitava giorno e notte; e che ebbero la fortuna di partecipare ad un soggiorno alpino organizzato nell’alta Carnia dal Ricreatorio della Chiesa rionale di San Vincenzo de Paoli; per l’appunto.
Un giorno leggendo il libro del De Infanti “Le più belle scalate sulle Carniche”, e o sulla nostra Rivista Le Alpi Venete un suo articolo della nuova salita non difficile fatta sulla Montagna, cicola e ciacola ed impazienti la mettemmo in programma all’inizio della stagione.
Così quella mattina di bel tempo posteggiammo sulla strada bianca sottostante il Rifugio Calvi; e che non raggiungeremo perché prenderemo a destra il sentiero per il Monte Avanza.
Sì; e senza darci furia anche perché sull’altro versante della Valle il Monte Lastroni meritava una pausa.
Lo stesso più avanti una panoramica per il Monte Cjadenis.
Così anche una con il teleobiettivo per non essere di meno.
Le Montagne intorno erano ancora nell’ombra scura, e pertanto niente fotografie con perdita di tempo; e via.
Solo che il vallone prendendo quota andava va man mano restringendosi e coprendosi di mobile detrito.
Intanto la luce del sole aveva raggiunto i Campanili delle Genziane.
Più avanti le rocce lavorate dal ghiaccio.
L’ampia insellatura con l’evidente traccia di passaggio tra il Pilastro SW del Monte Avanza e la Creta di Val Avanza; e che dovevamo raggiungere per poi scendere un centinaio di metri per l’altro versante per trovare l’inizio della Cengia del Sole, e che seguiremo fino a trovare così anche l’attacco della via in programma.
Solo che una volta raggiuntala, e all’inizio della stagione, non trovammo tracce sicure, e dovemmo prestare attenzione per non mancare l’inizio della Cengia.
Così, e dopo essere scesi un tratto, ci tenemmo presso la parete fino a trovarlo; e senza perdere altro tempo la seguimmo stando attenti a non mancare il canale della via scelta.
Era impossibile che non lo trovassimo; e nell’ampio canale si evidenziava a destra il pilastro della salita in programma. Solo che prima d’iniziarla aspettammo oltre una decina di minuti perché passasse una serie di nuvole minacciose perché non si sa mai.
Tornato il sereno, e in cordata, rimontai la larga e non facile fessura della base del pilastro, e altre poggiando a destra fino alla prima possibilità di far terrazzino per evitare di non trovarlo più sopra su quel pilastro di roccia compatta e liscia.
- Armando vien. Con la sicurezza della corda per Armando fu tutto più facile.
Così, e una volta riuniti e vedendo quello che ci stava sopra si decise di far terrazzino a fianco del camino strapiombante per poi vedere per dove riprendere la salita.
Così completai la salita della parete fino a montare su una stretta cengia di roccia compatta giusta per far terrazzino. Solo che non c’erano fessure per i chiodi; e non mi restò che adoperare dei cordini sfruttando uno spacco a lama.
Sì, non era il massimo; e invitando l’amico a salire di prestare attenzione.
Una volta riuniti perdemmo solo il tempo per commentare la parete che dovrò affrontare; e via.
Pochi metri ed ero già la sotto, e valutando per dove attaccarla.
Trovato il punto giusto, la rimontai con cautela, e per meno di quaranta metri perché Armando che non vedevo, mi diede voce che la corda era presto finita, e non mi restò che trovare un buon terrazzino.
- Armando vien. Così anche lui si cercò la sua via fino a unirci, e a commentarla.
Continuai la salita, ma solo un breve tratto perché la parete diventa difficile; e non mi restò che traversare a destra fino per raggiungere un pianoro erboso delimitato da un’altra parete; e dove la sotto preferì aspettare l’amico.
Superata anche questa, c’era invece un terrazzo detritico sotto pareti difficili; e non mi restò che aspettare l’amico per decidere insieme per dove proseguire.
Così rimontammo il canale camino con tratti difficili per due tiri di corda, e fino a raggiungere sulla destra l’inizio di una cengia che traversava la parete difficile.
- Tien ben che vado. Sì; e la percorsi fino a veder conveniente rimontarla per dei gradoni a diedro di roccia bianca, e la sopra aspettando l’arrivo dell’amico.
Riprendemmo la salita sullo spigolo alternando tratti rocciosi e misti con erba, e senza un percorso obbligato sullo spallone SW dove ci prendemmo la sosta; e per Armando anche preparare il materiale fotografico perché la salita per la Cime è facile e lunga.
Così una volta pronto, scattò le prime due della parete Sud delle Crete Cacciatori 2475 m.
Ancora la parziale vasta ed estesa complessa parete delle Quote importanti.
Poi riprendemmo la facile e monotona salita per il pianoro detritico che caratterizza quel versante; e poi e d’accordo a raggiungere il sentiero.
Così l’amico non perse tempo e fotografò l’incombente Torre Est 2429 m e la Creta Cacciatori.
Sì, e senza darci furia in Cima: 13 giugno 1981.
Solo che prima di rilassarsi l’amico Armando proseguì il servizio fotografico iniziando dalla Cima della Miniera.
La stessa con il sole ed i Monti di Confine.
Due panoramiche con il teleobiettivo ed altra luce.
Le Crete Cacciatori ed il Monte Peralba 2694 m.
Panoramica con le Cime di Confine e i Monti dell’Austria.
La Cresta SW del Monte Fleons 2507 m.
Dopo la salita e il servizio fotografico, il meritato riposo.
Per me la prima volta in Cima, e per passare il tempo, una con l’autoscatto.
Prima d’iniziare la discesa ancora una con tutti due.
Solo che la discesa tranquilla per il sentiero ci consigliò di non andare a cercare altre discese, e così…
La Cima delle Batterie 2423 m e opere di guerra. Retrostanti la Cima Cacciatori e il Monte Peralba.
Sottostanti la Crete Cacciatori.
L’ampia sella valicata la mattina per poi trovare la Cengia del Sole.
Una volta nel facile canalone, e in discesa, notammo a sinistra alcuni segni rossi; e cicola e ciacola che dovevano essere della variante per il Salto del Calzolaio e che ci avrebbe accorciato il tempo della discesa.
Non ci pensammo due volte e lo seguimmo, e non veloci perché ripido; e all’inizio trovammo anche l’acqua per dissetarci.
I pascoli di Casera di Casa Vecchia.