Trieste, 1 maggio 2017
La quota 1888 m IGM
… poi rivolto a quanto fatto. – Sì; e ritornerò per lo stesso percorso.
Così, e da pensionato dopo un paio di giorni ero già nel canalone a destreggiarmi tra i massi nel delta; e nella macchina fotografica un nuovo rollino e lo stesso nel sacco per l’occasione.
Sì; perché volevo fotografare man mano salendo lo spettacolo dei detti canali che caratterizzano la lunga parete incombente; e che non c’è uguale nei miei ricordi alpini.
Solo che quella mattina la parete era ancora nell’ombra scura: e via.
Il delta di congerie rocciose si restringe a canalone ingombro di massi di tutte le dimensioni e forme; e dove c’era sempre il passaggio giusto per passare in arrampicata.
Non così nei restringimenti dove i massi accatastati e compressi formavano brevi pareti di sbarramento da dovergli superare sul margine esterno.
Sì; e quei passaggi mi ricordavano la Nostra Palestra della Napoleonica.
Certo, e per un buon tratto e fino che poggia con la vista sul Pra di Lunze.
… e quello che dovrò affrontare.
Sì; e prendendo quota il canale tende a farsi stretto, e come promessomi, iniziai a fotografare le pareti che delimitano il canale, e percorse a varia distanza da camini o canali ingombri di massi; e ogni camino o canale con i massi differenti di forma e volume.
Falso allarme perché per un tratto è ancora ampio con massi di media grandezza dove potevo scegliere il mio percorso.
Così anche spostarmi per fotografare la parte alta della Cresta con una delle quote raggiunta dal sole.
I successivi tratti di parete intervallati dai propri impensabili canali che rimontavo con la fantasia.
Più avanti il canalone tende a stringersi sotto pareti verticali che copriranno… un mondo senza nomi.
Così superai gli ultimi massi per de qua e altri per de la e poggiando a destra e fino a montare sul fondo detritico e livellato del canale coprente i massi: – Orpo!
Sì; ancora un canale che m’invitava.
Niente; e per non perdere tempo prezioso e trovato il punto giusto solo la fotografia del canalone, e lo stesso vale per la panoramica; e via veloce.
Lo spacco regolare dal fondo detritico tanto cercato; e una volta oltre traversai la famigliare mugheta puntando il monolito di roccia bianca.
- Orpo! Sì perché tutto il versante del Monte era ancora nell’ombra scura; e non risaltava ancora nessun punto di riferimento.
Niente; basterà che in alto poggi a sinistra; e via buon passo.
Sarà stata la giornata giusta perché più avanti tutto mi era familiare; e con l’ultimo traverso a destra dalla spalla erbosa puntai il crinale roccioso.
Sosta con il mio ometto a farmi compagnia mentre, tra un boccone e l’altro anche cercavo di capire quello che avevo percorso e di corsa l’altra volta, e con differente luce; e che non fotografai per mancanza di pellicola.
La cengia che non ricordavo così invitante; ma che mi avrà invogliato a percorrerla.
Il primo tratto percorso, e pareti del versante Sud del Monte Sernio.
Solo un breve tratto perché c’è il Pra di Lunze; e una cengia in salita che prometteva.
Intanto quella che stavo scendendo potrebbe anche interrompersi e…
Continuai invece la discesa, e prestando attenzione per aggirare alcune strutture e fino a poter scendere su un pianoro molto inclinato di sfasciumi… e che si esauriva in un canale divisorio.
Sì; e dall’altra parte e sotto la parete formarsi la cengia.
Via in discesa e di corsa. Solo che il passaggio del canale richiese attenzione.
Il passaggio sotto il tetto, e dove pensavo che la cengia finisse.
Niente; e oltre e rientrando s’allargava puntando una piazzola al sole; e raggiuntola decisi la sosta anche perché continuava sottostate pareti verticali; e calcolando preoccupato il suo possibile sviluppo.
Sì, e in discesa e con brevi saliscendi e disturbata dai mughi.
Solo che l’ultimo tratto richiese anche attenzione perché la cengia cambia direzione e riprende in salita pronta a girare nuovamente.
Sì; e quello che c’era dall’altra parte non aveva uguali; e mentre stavo scendendo in tanto spettacolo disturbato dalla scelta.
Continuare per la cengia o risalire il canale e sarà quel che sarà.
Così; e per non sbagliare mi portai sul margine erboso… decidendo per la cengia anche perché, e come quella precedente, cambia direzione e termina formando un belvedere erboso con il suo riparo; e via in discesa e ben preso con più cautela per le rocce affioranti e portandomi sotto la parete dove il fondo e roccioso e a seguire il punto giusto per traversare il canale per rimontare la cengia.
Il belvedere erboso dove la cengia cambia versante.
- Orpo! Sì, e perché raggiuntolo mi girai per fotografare quanto fatto; invece avevo di fronte una struttura rocciosa delle Crete di Palasecca, e che subito fotografai perché dovevo riprendere il percorso sulla cengia; e via.
Solo pochi metri; poi la cangia si restringe coperta di detriti instabili sempre più rasente la bassa parete friabile per cessare sul vuoto oscuro.
Disperazione; si, perché con il sole sugli occhi non riuscivo a vedere sulla parete a fianco di rocce instabili e infestate dei mughi la possibilità di continuare, e o tracce di passaggio dei camosci.
Niente; solo le due fotografie della situazione e delle Crete di Palasecca per il ricordo, e iniziai la ritirata cercando una possibilità per non perdere la giornata.
Pochi passi senza entusiasmo; e mi ricordai della Quota ammirata poco prima, e ancora qualcuno con più speranza, e l’avevo di fronte.
Non persi tempo a cercare una possibile via di salita anche perché quelle pareti non erano facili.
Niente; dovrò prima salire il promettente canale già traversato per vedere il versante sconosciuto, e poi deciderò.
Discesa veloce, poi con cautela per il ripido canale dal fondo instabile, e più sopra con qualche gradino roccioso.
Poi continuai verso una Forcella erbosa ingombra di vegetazione media alta con del calpestio a coprire la vista dell’altra Valle che stavo visitando; niente.
Tornato sotto la quota 1888 m, mi restava solo di trovare su quelle le pareti per dove salirla; e per la parete di fronte poggiata e con scanalature anche erbose e che solo in alto si verticalizza.
Sì; e rimontai la facile parete di fronte ben presto verticale e roccia liscia. Niente; e così traversai con difficoltà in parete Nord, ancora compatta e scarsa d’appigli, e per questi in Cima 1888 m IGM: 12 ottobre 1995.
Solo che lassù non c’erano le pietre per l’ometto; e non mi restò che cercarle, e più volte perdendo quota.
La cauta discesa dalla Cima per la stessa via; e il lungo percorso con i ripetuti sali e scendi per il ritorno non ha lasciato ricordi; e così anche per la discesa conosciuta.
Ricordo invece che mentre scendevo tranquillo l’ampio tratto del ripido canale aperto a delta ancora al sole, notai un bagliore proveniente dalle congerie rocciose finali della parete?
Mi dissi impossibile che ci fosse dell’acqua; ma potrebbe essere qualche relitto d’aeroplano.
Sì, e no; e non mi restò che andar a veder traversando in quota verso il bagliore.
Era proprio un velo d’acqua; e che scorreva lenta solo sulla superficie liscia della parete poco staccata dalle congerie intorno? Niente; non mi restò che succhiarla e per l’unica e appena tracciata scanalatura. Sì, era acqua… e forse minerale.
Senza la risposta terminai la discesa fino a incrociare il sentiero per il Pra di Lunze.
Il Monte Sernio e le Crete di Palasecca dal Pra di Lunze.
Le Pale del Laris dal Monte Sernio.
Piantina