Trieste 1 dicembre 2016
All’inizio della bella stagione non tornai subito sulle Crete di Palasecca perché desideravo vedere e conoscere i suoi precipiti e sconosciuti versanti sulla Val Glagnò; e anche perché non si sa mai.
Così programmai per la fine settimana per prima Gita stagionale la Cima dai Gjai che con la vicina Creta Grauzaria delimitano la detta Valle sulla sinistra orografica, per l’appunto.
Così dai pascoli di Flop la vista della Creta Grauzaria 2065 m, la Cima dai Gjai 1919 m e la Cima del Laminale 1850 m.
Solo che sulla Cima dai Gjai ero già stato con l’amico Luciano Marega e…
Sì; e quella mattina il tempo non era il massimo; ma decidemmo lo stesso di salirla con la speranza che il tempo peggiorasse a salita conclusa anche perché non essendo difficile ci bastavano alcune ore; e senza perdere tempo ci portammo alla base della parete di roccia compatta e leggermente poggiata per attaccare la via di Renzo Stabile da lui fatta in solitaria nel settembre del 1948.
Solo in tempo di trovare per dove attaccarla, legarci e via.
La parete non era difficile, ma gli appigli erano pochi, e così fino a trovare il posto per far terrazzino; e da dove una volta riuniti salì ancora alcuni metri per traversare a destra per entrare nel canale che e la direttiva della prima parte della salita.
- Orpo! Sì, perché la dentro non trovavo un posto per far sicura all’amico; e per montare sul masso che più sopra che l’ostruiva, non mi bastava la corda.
Niente; e così uscì dal canale a destra con la speranza di trovare sulla parete un posto per far terrazzino.
Trovai a destra uno stretto gradino in salita di roccia compatta che man mano si restringeva fino ad un tutt’uno con la parete, e all’altezza giusta la fessura per le dita e mani… e per il chiodo di terrazzino; e mentre Luciano preoccupato chiedeva informazioni per il mio silenzio.
Il tempo di conficcarlo…
- Ciano vien; e stà tento.
Sì, ed il traverso per il gradino non era stato facile.
La sotto non parlammo di tornare nel canale della via; invece guardammo in alto e vedere per dove passare.
Niente; la nostra parete, per quello che ricordo, forma con l’altra a destra un ampio diedro che si restringe chiuso da uno strapiombo… mentre di lato c’è una larga fessura che dovrebbe consentirci di superarlo.
Sì; e l’attaccai, e fu una bell’arrampicata per roccia sana e con appigli giusti, e man mano verso e per la larga fessura che non ha lasciato ricordo di difficoltà.
-Ciano, mola tuto e vien!
Sì; anche per non perdere tempo per recuperare il chiodo ben conficcato.
Così anche lui, passaggio dopo passaggio, superò la parete difficile; e sbuffando la larga fessura per arrivare sul terrazzino sopra lo strapiombo.
Riprendemmo la salita; solo che la parete non è compatta perché intervallata da cenge e traversata da canali più o meno profondi, e pertanto a vista e stando attenti ad evitare possibili difficoltà.
Così un poco per non facili corte pareti e alternandole con i detti canali, puntammo la Cresta che seguimmo fino in Cima: 1 giugno 1969.
La nostra speranza che il tempo peggiorasse una volta in Cima non avvenne; e lassù beneficiammo anche del sole, e senza darci furia d’iniziare la facile sconosciuta discesa.
Sacchi in spalla con il materiale d’arrampicate dentro iniziò la facile discesa per salti di roccia rotta e circondata dai mughi. Sì, non era un bel scendere dovendo aggirargli un poco per de qua e un poco per de la e fino in uno slargo detritico dove vedemmo del calpestio. Sì e no; e lo seguimmo verso Sud dove la parete era poggiata e la roccia compatta; e senza mughi.
Avevamo la corda e qualche chiodo, e tanto valeva continuare; e via.
Tracciato della salita e della discesa
Così scendemmo per quella parete e fino a calcolare che eravamo più alti dalla base di circa 20 metri; e trovata la fessura giusta per il chiodo, in corda doppia eravamo fuori delle difficoltà da non lasciar altri ricordi.
La seconda volta
Ricordo invece che quella mattina il tempo era bello e l’aria calda; ma raggiunto il vallone di Flop già la prima nuvolaglia iniziò ad occupare il cielo.
Non demmo importanza al probabile cambio del tempo anche perché in primavera è una costante su quel Gruppo.
Così, e senza darci furia seguimmo il sentiero fino al bivio con il Rifugio Grauzaria; e dove invece rimontammo la traccia per il Canalone del Portonat perché la salita in programma inizia proprio da questo.
Solo che anno dopo anno il suo fondo è peggiorato; e pertanto ognuno era libero di scegliere il suo percorso per rimontarlo.
Per noi quel giorno solo un tratto e prima dell’incombente Spigolo NW perché dobbiamo superare a destra salendo una breve non facile parete che lo delimita dall’alveo del Torrente Glagnò; per l’appunto.
Fotografia del passaggio scattata da Armando in altra occasione.
Solo che una volta oltre non ricordai nulla di quello che mi stava di fronte anche perché fatto in discesa.
Niente; e non ci restò che trovarci il percorso per arrivare alla base della parete aggirando la mugheta per i rilievi rocciosi anche se friabili senza o poche tracce di passaggio; e dove trovammo inaspettata una finestra ovale che guarda verso la zona del Rifugio.
Così, e commentando la novità arrivammo alla base della parete; e all’attacco della via evidenziata da un bollo rosso.
La sotto decidemmo di non usare la corda; e che Armando andrà davanti seguito da Rosanna, Heydi e il sottoscritto.
Non era difficile; solo un poco d’attenzione a non smuovere qualche detrito e fino ad uscire sul macereto coperto dai mughi; e poi seguire la traccia aggirandoli e così fino in Cima: 6 maggio 1993; Rosanna e Armando Cossutta e Heydi e Tullio Ogrisi.
Intanto sopra di noi nuvole minacciose ci ammonivano che non era il momento d’allungare la sosta; e anche a cadere qualche goccia, mentre da quelle intorno cadeva più fissa.
Così interrompemmo la sosta anche perché non avevamo ancora fotografato le Montagne intorno.
Le Crete di Palasecca con la diramazione orientale quasi sconosciuta
Le Crete di Palasecca con in primo piano la più alta Pale del Laris 1906 m IGM
Una volta finito il servizio fotografico, e sotto la minaccia della pioggia, non ci restò che scendere, e senza prestare tanta attenzione, e così fino ad un bollo rosso che c’invitava a seguirlo?
Sì e no; e perso per perso seguimmo altri bolli fino all’entrata di un camino che non sembrava tanto facile; e mentre gli altri due iniziarono a scendere in libera, Heydi assicurata con la corda; e via.
Sì; e con due o tre discese, e incoraggiata dagli amici, fino alla base della parete.
Intanto la minaccia della pioggia non incombeva più, e faceva anche caldo; e con quella garanzia ancora una sosta prima di scendere nel Canalone del Portonat.
Lo stesso per qualcuno la discesa è stata faticosa; e pertanto è stata d’obbligo anche la sosta alla prima acqua corrente.
La Cima Nord-Est della Creta Crauzaria
Non sarà stato nel rientro di quella giornata; ma era inevitabile che un giorno nel caso analogo non mi fermassi ad ammirare e fotografare le strutture rocciose del versante Nord-Ovest della Cima Nord-Est 1820 m IGM; e già salite.
Sì; e la prima volta proprio per lo Spigolo e Cresta Nord-Est lungo la via D. Feruglio e G. Piccolo, e da noi scelta l’ultimo momento, e prima che l’amico Armando Corvini andasse a cercare fortuna in Australia; per l’appunto.
Le poche fotografie che scattammo con la sua macchina se le portò con lui.
La seconda con l’amico Luciano Marega; e quella mattina sotto la parete Nord per salirla per la via O. Soravito, R. Stabile e G. De Lorenzi.
Solo che di fronte la parete, e leggendo la relazione che avevo riportato su un foglio di quaderno, non mi convinceva il possibile attacco della via.
Così rimontai a destra un salto di parete inciso da fessure e spacchi, e poi anche battagliare tra i mughi, e volgendo a sinistra sotto la pulita parete verticale.
Una volta riuniti e d’accordo la salimmo perché non era difficile; e fino ad una cengia sotto un’altra verticale.
Sì; e anche difficile; ma sulla sinistra uno stretto camino la percorreva tutta formando un diedro. Altro non c’era; e ci portammo la sotto.
Così alternando tratti di camino con altri per parete con calcolate lunghezze di corda arrivammo sotto la strozzatura strapiombante; e che dovrò aggirarla a sinistra per la parete. – Tien ben che vado.
Esposto e difficile fu dal terrazzino uscire in traverso sulla parete verticale, e poi rientrare a destra e raggiungere un terrazzino sopra lo strapiombo per fargli sicura.
Non mi ricordo se lo vedevo. – Ciano vien, e sta tento.
Solo che con la corda dall’alto lui limitò il traverso; e puntò il terrazzino.
Non mi era evidente per dove proseguire; ma la stessa parete man mano poggia a rampa e fino a che entrammo in un canalone ben presto innevato.
Per nostra fortuna la neve non era gelata; anzi, e sprofondavamo fino ai polpacci e la fatica tagliava le gambe.
Lo stesso non mancò qualche battuta spiritosa anche perché l’amico già sperava d’iniziare la discesa.
Niente; e dovemmo rimontare la cresta fino in Cima perché l’altra volta la discesa la iniziammo da questa: 16 maggio 1971.