Trieste, 1 febbraio 2016
Il bel tempo che caratterizzò gran parte dell’estate continuava ancora nei primi giorni del mese d’ottobre; e così cicola e ciacola con l’amico Armando, e contando sulla chiara descrizione della salita riportata sulla Nuova Guida dall’amico Buscaini, saltò fuori di tentare la salita della Torre che era da qualche tempo nei nostri programmi.
Solo che quella mattina trovammo la nebbia fitta che copriva tutto il Gruppo già dai pascoli; e solo perché conoscevamo quel versante della Montagna che decidemmo d’andare sperando che oltre la nebbia si troverà il bel tempo.
Sì; e anche veloci perché le giornate di luce si sono accorciate.
Era la giornata giusta perché già alla fine dei ripidi verdi vedemmo in uno squarcio della nebbia svettare la Torre Disteis; e più avanti dalla cengia grande al sole il Pilastro SW.
Passata la Torre e dove il sentiero è più ospitale ci concedemmo la prima sosta.
La Val Raccolana coperta dalle nuvole
Sosta breve perché faceva freddo; e riprendemmo il percorso con buon passo.
La luce del sole già illuminava il canalone Findenneg; ma non per noi, e così fino al Bivacco Suringar m 2430 nell’ombra fredda.
Finita la pausa, e tornati sui nostri passi, noi seguimmo la traccia per il Canalone Findenneg cercando sulla parete incombente il tratto facile per l’approccio alla cengia che poi porta sul versante Nord.
Sì e no, perché non eravamo tanto convinti; ma una volta d’accordo iniziammo a salirla anche se la roccia era compatta e liscia; e fino a delle strette cenge coperte da detrito ed erba. Non eravamo sulla via giusta.
Niente; e proseguì da solo fino a vedere che la cengia raggiunta si dilungava nella direzione giusta.
Raggiunto dall’amico, e cicola e ciacola decidemmo di traversare per queste sperando di trovare la via giusta.
Così proseguì in traverso con attenzione per le meno strette per una lunghezza di corda invitandolo Armando a raggiungermi.
Una volta riuniti e fatto il punto della situazione non mi restò che proseguire in quella direzione.
Sì; e continuava allargandosi, e così fino ad incrociare un’altra in salita e a girare la Cresta Ovest, dove sulla colata di sfasciumi sottostante c’era il calpestio dei camosci.
Così, e prima d’invitare l’amico a raggiungermi, slegato la scesi fino ad una rampa che scendeva verso uno slargo racchiuso da pareti in quel momento nell’ombra scura.
Stavo tornando veloce in quota… – Orpo!
Sullo spigolo di una parete c’è buco esaltato da una retrostante illuminata dal sole.
Ancora la fotografia, il tempo di girare la Cresta e l’invito ad Armando di raggiungermi.
Una volta riuniti l’informai che ero sceso un tratto e intravisto uno slargo che prometteva.
Sì; ma prima di scendere solo il tempo perché fotografasse anche lui la parete bucata e la Cresta Ovest.
Il tracciato della salita per facilitare la lettura.
Così, e per non perdere altro tempo scendemmo slegati per quei ripidi sfasciumi.
Più sotto trovammo una cengia in discesa di roccia levigata sottostante la parete che ci portò nello slargo detritico intravisto; e come da relazione.
Solo che non mi ero accorto che la prima parete era caratterizzata da un’oscura cavità.
Dallo slargo scendemmo per il non facile canale che lo continua, e fino a dover passare a sinistra sulla parete perché fattosi stretto con roccia levigata e con più pendenza; e lo stesso vale per la parete e fino a che trovammo conveniente traversarlo.
Solo che l’altra parete più sopra era erbosa, e la risalimmo con cautela fino a fianco della corta e difficile parete per far terrazzino.
Legati e pronti il solito avviso: – Tien ben che vado.
Con attenzione m’innalzai sui verdi per poi montare sull’esile cornice che la traversa, e per le dita minimi appigli; e come nella nostra Palestra Naturale della Napoleonica, la traversai fino il suo termine, e con alcuni innalzamenti per gli appigli giusti montai sulla cengia e ideale per far sicurezza all’amico; e dove una volta arrivato prendemmo una sosta anche per commentare il passaggio.
Seguimmo la cengia prendendo quota e fino allo sbocco del canale della Forca Rossa, e dove… la neve era ghiacciata e noi senza i ramponi.
Ferma tutto per trovare una soluzione prima di rinunciare la salita alla Torre.
Improvvisamente sentimmo dei richiami, e abbastanza vicini?
Sulla cengia appena percorsa vedemmo salire veloce una persona; e che puntava verso di noi.
Non mi ricordo il suo nome che mi ricordava quelli della zona di Cave del Predil.
Il tempo di raccontarci che aveva tentato la variante diretta Nord, e poi respinto dal ghiaccio.
Così aveva deviato sulla via Kugy; e iniziò a rimontare il canale stando con i piedi nello stretto spazio pulito tra la parete e la neve ghiacciata.
Per noi solo il tempo per sistemarci che era già sparito; e seguimmo il suo percorso.
Solo un breve tratto che lui già scendeva.
I soliti convenevoli saluti; e via perché la deviazione gli aveva fatto perdere tempo e gli amici lo stavano aspettando.
Intanto noi eravamo giunti all’altezza del canale della via programmata; ma sul nevaio ghiacciato non vedemmo nessuna traccia a traversarlo.
Così continuammo fino alla Forca Rossa; e con il Jof Fuart 2666 m e il Grande Nabois 25575 m a salutarci.
Perdemmo giusto il tempo per metterci in cordata per salire la breve e non facile parete incombente sulla Forca.
Sì; e la salita della breve parete fu veloce e sicura; e tanto che decidemmo di proseguire legati e alternandoci.
Così, e fino all’ometto della Cima 2680 m: 5 Ottobre 1985.
Si stava bene lassù anche perché confortati dal calore del sole, ma necessariamente non dovevamo prendercela comoda; e per Armando anche il servizio fotografico.
Il Jof Fuart con il Grande Nabois e le Cime Castrein 2502 m
La parete Nord del Jof di Montasio
Particolari e tratti di parete raggiunti e o percorsi da altri Alpinisti
Per ritardare la discesa ancora una fotografia per ricordo; e via.
Noi scendemmo in conserva fino al chiodo per la doppia; poi lui solo assicurato a spalla.
Io in corda doppia per non dimenticarmi
Una volta sulla Forca l’amico con mia sorpresa desiderò che continuassimo in sicurezza anche perché ormai scaricato e stanco; e prese solo il tempo per fotografare la parete vicina.
Così, e senza darci furia, lo scendemmo in cordata con due o tre lunghezze di corda.
Poi slegati sulla cengia erbosa ci concedemmo la sosta rivivendo parte della salita; e preparandoci alla discesa della paretina difficile.
Giunto il momento per la cengia erbosa e poi ghiaiosa perdendo quota traversammo in discesa fino e sopra la breve e difficile parete, e dove c’era lo spuntone giusto per fare terrazzino e legarci.
- Tien ben che vado. Così Armando faccia verso la parete iniziò a scendere, e ben presto anche nascosto da questa mentre la corda m’informava del suo procedere e fino al “mola tuto, son rivado” e anche presto.
Una volta riuniti e prima di riprendere il percorso fatto ancora la fotografia del Crestone Nord.
Sì, e rilassato non mancò di fotografare anche l’oscura cavità e la Cresta che precede la Torre Nord.
Ancora la salita della cengia di roccia liscia e compatta, il tratto di sfasciumi e arrivammo sullo spigolo della Cresta Ovest con il sole ancora alto; e le fotografie dell’ultimo tratto del Crestone Nord, e la Cresta Nord-Ovest con le sculture nell’attesa.
Proprio ci voleva; ci restava solo la discesa e fotografare le sculture del Montasio come programmato; e via.
Solo un breve tratto e c’era l’ometto costruito la mattina per indicarci il punto per la discesa.
Solo che la cengia che stavamo percorrendo continuava, mentre noi dovevamo scendere per la parete al Bivacco Suringar?
Niente, continueremo per questa per completare il servizio fotografico; e via.
Pareva fatta; invece dopo un buon tratto la trovammo chiusa da una parete verticale e delimitata da stretti canali poco invitanti?
Ci guardammo in viso, ma nessuno propose di tornare indietro.
Allora Armando fotografò la parte finale della parete, e con la coscienza a posto iniziammo a scenderli di volta in volta per il più facile e fino a che uscimmo sul percorso fatto la mattina per il Bivacco.
Così, e con il sole ancora alto, e senza darci furia scendemmo tranquilli, e più avanti salutati dalla Torre Disteis.