Trieste, 1 gennaio 2015
Nella Carnizza di Riofreddo
La prima volta ero stato con Roberto Priolo il 21 agosto 1969, e sotto la parete della Cima del Vallone per tentare la difficile via Krobath e Metzger sullo spigolo Nord.
Solo che quella mattina piovigginava e la Montagna era tutta intanfanada, e noi non osammo affrontare le lisce pareti; e così, e per non perdere la giornata, noi scalammo la breve parete Nord del Pinnacolo sapendola già salita.
Così per neve ci portammo sotto la parete, e poi un poco per de qua e un poco per de la e senza vedere niente, arrivammo sulla Cima confermata da un piccolo ometto.
La discesa invece c’è la trovammo sul limite della stessa parete più articolata; ma non è stata facile e perdendo tempo, tanto che poi ci demmo furia perché prima dovevamo salire alla Sella Carnizza per poi scendere al Rifugio Pellarini per ricuperare qualcosa che non serviva per la salita, ed alla Stazione di Valbruna per rientrare a Trieste con il treno.
La seconda invece con Armando Cossutta sotto la Cima di Riofreddo, e nello slargo detritico della Forcella delle Vergini m 1950, e la Grande Vergine 2150 m.
Sì; e per tentare la salita per la via A. Bauer, R. Beer, F. Rumplere e K. Wollschitz
sulla parete Est.
Quella mattina non piovigginava, solo che le nuvole minacciose smorzarono il nostro entusiasmo. Ci attardammo lo stesso la sotto, ma le dette nuvole iniziarono ad alzarsi quando arrivammo alla Sella Carnizza; e noi con il bottino di fotografie di quelle pareti poco conosciute e utilizzate in questo racconto, e che ci hanno anche consentito poi di vedere quella della Vallone perché sulla Guida del Buscaini i primi due terzi sono nell’ombra nera.
Cima delle Cenge
Cima Piccola della Scala
Cima Grande della Scala
Cima del Vallone
La terza volta invece …
La salita sullo spigolo Nord della Cima Alta di Riobianco ci confermò che eravamo ben preparati; e allora perché non tentare la salita da Nord della Cima del Vallone 2368 m, che in tutta quella giornata ci tenne invitante compagnia?
Sì, e lungo la discesa, cicola e ciacola, la mettemmo subito in programma per il prossimo fine settimana; e per la non facile salita sulla parete Nord-nord-est dei nostri concittadini S. Crozzoli e P. Zaccaria, e soci del C.A.I.; e nella giornata.
Così quella mattina di bel tempo niente approccio per la familiare Val di Riobianco; ma per noi due la quasi sconosciuta Valle di Riofreddo ormai ben servita da mulattiera, comodi sentieri ed il Bivacco fisso Olimpia Calligaris m 1250.
La Cima delle Cenge, il Pan di Zucchero e la Vetta Bella
Il Pan di Zucchero e la Vetta Bella
La Vetta Bella
Le comodità però allungano il percorso; e noi impiegammo circa quattro ore per arrivare sul vasto ghiaione basale sottostante la parete ancora nell’ombra scura.
Sì; e salutati dalla parete Est della Cima di Riofreddo in pieno sole.
Finita la pausa non ci restò altro che rimontare il ghiaione fino a vedere una piccola parte del ghiacciaio; ma ottimo punto per studiare la nostra parete.
- Orpo. Era la stessa immagine scura come riportata sulla Guida del Buscaini (otto righe); e dove nei primi due terzi di parete risalta il tracciato bianco che è un enigma; mentre sull’ultimo terzo solo un tratto indicativo?
Niente; dovremmo cercarsela da soli incoraggiati dalla luminosa parete Est della Cima di Riofreddo: e via.
La neve non era tutta ghiacciata, e una volta nella gola ancora meglio.
Solo un breve tratto perché un gradino all’altezza giusta c’invitò ad entrate in un vano nella parete, e dove più sopra formava un breve diedro molto invitante di roccia liscia e compatta.
Una volta in cordata affrontai la breve e meno difficile parete di sinistra; e la sopra mi congratulavo perché continuava un invitante appiattimento arrotondato.
Sì; potevo aggirare a sinistra quella più difficile soprastante;
e traversai nella speranza …
Niente; e ritornai la sotto, e poggiando a destra passai per quella difficile fino a roccia più facile a far terrazzino.
Solo quel breve tratto; poi la parete diventa verticale con roccia lavorata dove non mancano gli appigli per proseguire, e per tutta la lunghezza per trovare roccia facile per far terrazzino.
Cima Grande della Scala: l’impensabile parete di lato che ci accompagnerà lungo la salita.
Forcella delle Cime Vergini
La Cima di Riofreddo
Da dove poi l’amico Armando non mancò di fotografare quanto intorno.
Dopo quel tratto facile di parete si verticalizza levigata.
Allora poggiai verso lo spigolo dove seguimmo una depressione che ci portò in un canalino scaglioso che ci diede coraggio morale.
- Orpo. Sì perché che man mano si restringe a rampa scagliosa sottostante la parete verticale.
Solo un tratto perché c’è un largo intaglio sullo spigolo con terrazzo di sfasciumi.
Così mi assicurai con un cordino e moschettone passato attorno ad uno spuntone, e tornai sui miei passi per informare l’amico della novità, e aspettandolo per la fotografia e raggiungere insieme il terrazzo per la meritata pausa lunga anche perché non eravamo fuori delle difficoltà.
Sì, perché la parete continuava sempre verticale; poi iniziò a poggiare lentamente fino ad avere il sole negli occhi che m’accecò e dovetti ripararmi con la mano per studiare i passaggi.
Solo un breve tratto perché poggia a terrazzo; e che l’amico Gino Buscaini considera quei circa duecento metri saliti la parte difficile della salita.
– Armando; xe fata! Così anche avvisai l’amico.
La parete della Cima Grande della Scala
Così beneficiati dal calore del sole raggiungemmo uno spazio dove ci concedemmo la sosta giusto per fare il punto; e ad Armando per fotografare.
Fare il punto anche perché dalle nostre fotografie scattate in altre occasioni niente risaltava sulla conformazione della parte alta della parete che dovevamo salire.
Sì; perché quella che ci sovrastava dopo un tratto facile si restringe a pilastro o spigolo arrotondato che va restringendosi ben delimitato da opposti canaloni per poi sperdersi sotto ben delimitate strutture rocciose verticali.
Così concludemmo che nella prima parte non dovrebbe essere difficile; ma più avanti dovremmo trovare la possibilità per passare sottostanti quelle pareti verticali.
Intanto il tempo era scorso veloce e il fondovalle era già nell’oscurità, e dove risaltava illuminato solo il tratto della Carnizza alla base della parete.
Così procedemmo veloci lungo lo spigolo di roccia solida e ricca d’appigli, e fino ad uno slargo sotto le dette pareti verticali; e dove esultammo nel vedere la possibilità di passare per un caratteristico camino che prometteva anche di passare sotto quelle pareti incombenti.
La fortuna volle aiutare gli audaci perché quel caratteristico camino dopo il primo tratto verticale poggia gradatamente restringendosi a canalino.
Sì: e che traversa e aggira quelle pareti fino a raggiungere una larga terrazza detritica sottostante un’altra incombente.
La Forcella della Scala 2242 m
Pausa necessaria perché potevamo raggiungere e continuare per la Cresta, o superare la parete incombente.
La parete di fronte
Oltre la Forcella, la Cima Alta di Riobianco
Noi preferimmo per la parete, e la sopra trovammo un’altra larga terrazza di sfasciumi; e sottostante la parete terminale incisa da un promettente camino mentre una vasta nuvola s’era distesa sotto il sole portando via un poco di festante luminosità.
La Cima Grande della Scala
Intanto Armando aveva raggiunto la Cresta per scattare fotografie.
Una volta riuniti ci portammo sotto il detto camino che prometteva.
Sì; e tanto che uscimmo sulle friabili e facili roccette finali della cresta che ci portarono in Cima: 8 agosto 1981.
La nuvola che copriva il sole non voleva andarsene, e la luce smorta non dava risalto alle Montagne intorno tranne che per la Cima Alta di Riobianco.
Solo che la scarsa luce anche ci allarmò per non essere sorpresi dall’oscurità nel lungo percorso di discesa che comprende anche la salita alla Forcella di Riofreddo m 2180; e così, cicola e ciacola, saltò fuori di tentare la discesa per la via Kugy in versante Ovest-nord-ovest che ci avrebbe accorciato il tempo di discesa anche se non la conoscevamo.
Il Jof Fuart e la Cima di Riofreddo
E via per la Cresta Ovest prestando attenzione dove poter iniziare a calarci per quel versante non senza prima scattare la foto.
Sarà stata la giornata giusta perché anche se nell’ombra scura ben presto la sotto una struttura rocciosa attirò la nostra attenzione, e la raggiungemmo; poi ancora qualche passo e c’era lo sbocco di un canalino che sembra promettere.
La Cima di Riofreddo
Il Gruppo delle Cime Vergini con la Grande in primo piano.
Non ci pensammo due volte a scenderlo, e ci trovammo sulla cengia Kugy che traversammo veloci prestando attenzione sulla levigata paretina finale lambita dal ghiaione; e noi increduli la sotto per la veloce discesa a congratularci.
Nell’impegno della discesa, e anche sul ripido ghiaione non notammo che la detta nuvola se n’era andata.
Una volta la sotto vedemmo prima La Cima Grande della Scala ancora al sole, poi la nostra Meta stagliarsi nel cielo sereno appena toccata dal sole.
Sì; meritava.
Il tempo di sistemare il materiale nei sacchi e via in direzione delle pareti delle Vergini dove la sotto c’è il sentiero.
Le gambe erano stanche e non ci andava di fare tutto il traverso; e si parlò di tentare la possibile discesa diretta.
– Orpo. Sì, perché mi ricordai d’aver letto da qualche parte che è possibile salire dal Bivacco per la parete che lo sovrasta con fitta vegetazione per una traccia.
Sì e no, e intanto iniziammo a scendere in quella direzione nell’incombente oscurità. Man mano scendendo il macereto si copriva di mughi e altra vegetazione dove c’era sempre il corridoio giusto per passare, e così fino sul bordo del salto.
Il cielo stellato ci dava sufficiente luce per muoverci per questo; e così, con direzione Est, un poco per de qua e un poco per de la, trovammo un possibile passaggio tra i mughi. Non ci pensammo due volte … e via.
Solo che sul ripido perdemmo la possibile traccia, e dovemmo calarci più volte con l’aiuto in quel momento dei preziosi rami dei mughi.
Era la notte giusta; e ci trovammo senza altri imprevisti sul pianoro alla base della parete.
Ormai i nostri occhi s’erano adattati all’oscurità, e non trovammo difficoltà a procedere ormai rilassati. Lo stesso mancammo il Bivacco; ma più avanti incrociammo la strada bianca della mattina.