Trieste, 1 ottobre 2008
La Punta Nord
Eravamo ancora “caldi” dell’impresa appena riuscita sulla Cima Bagni che già in settimana, nelle serate in Sede, si parlava della turrita Cresta che si stacca verso Nord dal corpo della Croda.
L’avevamo ammirata in tutta quella giornata e c’era entrata nel cervello.
Stavamo passando un periodo di buona salute ed il corpo era ancora carico d’energia. Detto e fatto; e decidemmo di tentare la sua salita per lo spigolo Nord per la successiva fine settimana; a me toccava il compito logistico.
Così scartai subito l’approccio dalla Val Giralba con il bivacco perché non conoscevo quel settore dell’alta Val Bastioni – Cadin del Bigio.
Così preferì il pernottamento sicuro al Rifugio Berti anche se per arrivare all’attacco dello spigolo il giro è più lungo.
A favore c’era la convenienza di essere già in zona la sera di venerdì.
Poi il sabato, contando sull’esperienza acquisita nel corso della Gita Sociale alla Cima Bagni, e che non ci riuscì per il brutto tempo, tanto che anche arrivammo in Forcella Anna invece che la Forcella Bagni, per l’appunto.
Noi non sbaglieremo questa volta, e dalla Forcella scenderemo per il facile Cadin del Bigio alla base dello spigolo.
Fino a lì il programma non faceva una grinza. Restava l’attacco e la salita dello spigolo e con tutto il percorso della Cresta; e se possibile, anche raggiungere la Cima della Croda di Ligonto.
Solo che provai disagio perché mi ero promesso di salirla la prima volta solo per la via Berti – Celli; ma avrò senz’altro trovato una giustificazione perché poi si attenuò. Calcolato poi che tutto questo giro ci avrebbe impegnato per la giornata intera, avevo previsto il pernottamento al Bivacco Gera in Val d’Ambata.
La Domenica sarebbe stata dedicata solo al rientro. In settimana Roberto m’informò che sarebbe venuto con noi un giovane che aveva iniziato in quella stagione ad arrampicare con lui in Val Rosandra; Sincovich Mirko, che non conoscevo.
Quella mattina del 27 luglio non fu proprio una levataccia, e una volta sotto il Passo del Camoscio, il sole iniziò il ad illuminare le Cime delle due Popera.
Sull’altro versante scendendo nel Cadin, vedemmo invece la parete Est della Cima Bagni tutta illuminata salutare gli audaci.
Fino al suo limite, con l’imbocco del canalone che dobbiamo salire, e a dominare la Punta Anna.
Il canalone lo trovammo ancora molto innevato; tanto da non riuscire a capire l’imbocco di quello per la Forcella Bagni che si apre sulla parete che lo delimita a destra salendo; e anche quella volta arrivammo sulla Forcella Anna m 2570.
Dopo il disappunto, e date delle alcune spiegazioni, non mi restò altro di proporre ai due ignari amici l’attraversamento in quota della parete Est della Cima d’Ambata per raggiungere dall’altra parte la Forcella Bagni m 2690.
Si fidavano troppo di me e l’accettarono senza un commento. La fortuna volle aiutare gli audaci, e che anche ci guidò velocemente e senza difficoltà alla Forcella giusta!
Nello stendere il programma non tenni conto della vastità dell’ambiente alpino sottostante, e me ne resi conto nel vedere la nostra meta ancora lontana, ed oltre un canalone?
Beata gioventù; e allora senza pensarci sopra ci buttammo giù di corsa per il ghiaioso Cadin del Bigio in direzione dello spigolo.
Solo che il ghiaione diminuiva man mano di spessore e che si esaurì su roccia pulita e liscia, specie sul bordo del salto, con nel fondo il canalone che si origina dalla Forcella Paola ancora colmo di neve. – Orpo, e adeso?
Noi per non perdere tempo in calate a corda doppia, decidemmo di traversare questa muraglia levigata e sormontata da una torre strapiombante; e via.
Nel progredire e superando i passaggi impegnativi dicevamo “Napoleonica”, la nostra Palestra di Roccia, e dove più ci si allena proprio alla traversata.
Seguì ancora un tratto più facile e di roccia frantumata fino in uno slargo del canalone.
Dal Rifugio e con lo sbaglio, impiegammo più di cinque ore.
Lo traversammo con attenzione e ci portammo sotto la parete ripulsiva dove non c’era nessuna possibilità di salire: disperazione.
Poi ci accorgemmo della corta parete a lato di quella descritta; non era il massimo, ma si poteva salire.
Perdemmo solo il tempo di metterci in cordata con Roberto da primo, e via.
La Cima Bagni alla nostra altezza.
Lo avevamo visto formato da un corpo unico e lineare; invece lo spigolo a varie altezze s’interrompe spostandosi dalla linea ideale con tratti di roccia assai rotta.
Non fu un bel arrampicare, e per di più nella nebbia che stava intanfanando la montagna per l’arrivo del temporale che già infuriava sulla Croda dei Toni.
A rincuorarci ci pensò Roberto che c’informò d’essere arrivato su una piccola cima, e che lo raggiungessimo: 27 luglio 1971.
Solo che non poteva ospitarci tutti e tre, e così una volta la sotto, noi due traversammo perdendo quota nell’ospitale forcella retrostante.
Non eravamo certo contenti della salita fino a lì realizzata, e speravamo pertanto di completarla raggiungendo la Cima della Croda di Ligonto, anche perché non sentivamo più i tuoni del temporale, e speravamo di farcela. Andemo o no andemo; e Roberto riprese la salita sul filo della cresta e sparì nella nebbia.
La corda non scorreva più, e ci demmo voce. Rinunciava perché nella nebbia non “capiva” la continuazione della cresta; e una volta riuniti scendemmo in un terrazzo detritico a far la sosta ed a commentare il motivo della sua rinuncia.
In quelle condizioni atmosferiche anche la sosta fu breve; e ripreso a tuonare.
Riprendemmo a scendere per l’incavo che si origina dalla sella di cresta raggiunta e che tende appiattirsi verticale.
Traversammo verso la Forcella riprendendo a scendere assecondando le parti facili della parete, ora a destra o a sinistra e fino alla necessità della calata in corda doppia con sotto proprio Forcella Paola; e proprio all’inizio del temporale annunciandosi con alcuni tuoni.
Tememmo il peggio, ma non durò che qualche decina di minuti perché di quelli secchi (scarsi di pioggia).
Passato il pericolo non ci restava altro che di raggiungere il Bivacco Gera. Iniziammo a scendere la Val di Dentro senza lo stress di far tardi, anche perché il cielo iniziava a rasserenarsi.
Così anche evitammo di cercare la variante sotto i Torrioni.